“L’origine della mia Volontà è eterna; mai entrò il dolore in Essa; tra le Divine Persone questa Volontà era in somma concordia, anzi era una sola. In ogni atto che emetteva fuori, tanto ad intra quanto ad extra, ci dava infinite gioie, nuovi contenti, felicità immensa; e quando volemmo mettere fuori la macchina della creazione, quanta gloria, quanto onore ed armonie non ci diede? Come si sprigionò il Fiat, questo Fiat diffuse la nostra bellezza, la nostra luce, la nostra potenza, l’ordine, l’armonia, l’amore, la santità, tutto, e Noi restammo glorificati dalle stesse virtù nostre, vedendo, per mezzo del nostro Fiat, la fioritura della nostra Divinità adombrata in tutto l’universo. Il nostro Volere non si arrestò; gonfio d’amore come stava, volle creare l’uomo, e tu sai la sua storia.
Ah, fu proprio lui che recò il primo dolore al mio Volere: cercò di amareggiare Colui che tanto lo amava e che lo aveva reso felice. Il mio Volere pianse più che una tenera madre che piange il suo figlio storpio e cieco, solo perché si è sottratto dalla volontà della madre. Il mio Volere voleva essere il primo agente nell'uomo, non per altro che per dargli nuove sorprese d’amore, di gioie, di felicità, di luce, di ricchezze; voleva sempre dare, ecco perché voleva agire. Ma l’uomo volle fare la sua volontà, e la ruppe con la Divina... Mai l’avesse fatto! Il mio Volere si ritirò, e lui precipitò nell'abisso di tutti i mali.
Ora, per rannodare di nuovo queste due volontà, ci voleva Uno che contenesse in sé una Volontà Divina; e perciò Io, Verbo eterno, amando con un amore eterno quest’uomo, decretammo fra le Divine Persone che prendessi umana carne per venire a salvarlo e rannodare le due volontà spezzate. Ma dove scendere? Chi doveva essere colei che doveva prestare la sua carne al suo Creatore? Ecco, perciò scegliemmo una creatura che, in virtù dei meriti previsti del futuro Redentore, fu esentata dalla colpa di origine; il suo volere ed il nostro furono uno solo”.
(Libro di Cielo 16° Volume - 24 novembre 1923)