“Figlia mia, il vivere nella mia Volontà è vivere da figlio; il solo fare la mia Volontà si direbbe, al paragone, un vivere da servo. Nel primo, ciò che è del Padre è del figlio; e poi, è ben noto che i servi sono costretti a fare più sacrifizi che non i figli. A loro spetta esporsi a servizi più faticosi, più umili, al freddo, al caldo, a viaggiare a piedi, e simili... Infatti, quanto non hanno fatto i santi, quantunque amici miei dilettissimi, per eseguire gli ordini della mia Volontà?
Invece, il figlio sta con suo padre, tiene cura di lui, lo rallegra coi suoi baci e con le sue carezze; comanda ai servi come se comandasse suo padre; se esce non va a piedi, ma viaggia in carrozza...; e se il figlio possiede tutto ciò che è del padre, ai servi non si dà altro che la mercede del lavoro che hanno fatto, e restano liberi di servire o non servire il loro padrone, e se non servono non hanno più diritto di ricevere alcun altro compenso.
Invece, tra padre e figlio, nessuno può togliere queste intime relazioni, con le quali il figlio possiede i beni del padre, e nessuna legge, né celeste né terrestre, può annullare questi diritti, come non può svincolare la figliolanza tra padre e figlio”.
(Libro di Cielo 17° Volume - 18 settembre 1924)