Luglio 14, 1926 (37)
Continuo le mie solite fusioni nel Supremo Volere. Il mio dolce Gesù molte volte mi accompagna nella ripetizione di questi atti, altre volte sta a vedere se qualche cosa mi sfugge di tutto ciò che ha fatto sia nella creazione come nella redenzione. Lui con tutta bontà me la fa presente, affinché io vi metta fosse pure un piccolo ti amo, un grazie, un’adorazione, dicendomi che è necessario riconoscere fin dove la sua Volontà ha steso i confini del Regno del suo Volere per amore della creatura, affinché lei giri in questo regno per goderselo e col suo amore si renda più stabile il suo possesso, e vedendola sempre in esso, tutti, cielo e terra, possono riconoscere che al Regno della mia Volontà è già uscita la sua ereditiera e che lo ama ed è felice di possederlo.
Onde mentre mi sentivo inabissata in questo eterno Volere, il mio amabile Gesù si faceva vedere col suo cuore aperto e ad ogni suo palpito usciva un raggio di luce, alla punta del quale si vedeva impresso un Fiat. E siccome il palpito del cuore è continuo, mentre usciva un raggio, un altro ne seguiva e poi un altro; non finivano mai di uscire. Questi raggi invadevano cielo e terra, ma tutti portavano impresso il Fiat. E non solo dal suo cuore, ma dagli occhi, come guardava, uscivano raggi; come parlava, come muoveva le sue mani e i piedi, uscivano raggi, portando tutti come gloria e trionfo il Fiat Supremo.
Vedere Gesù era un incanto: bello, tutto trasfuso in questi raggi di luce che uscivano dalla sua adorabile persona. Ma quello che metteva la sontuosità, la maestà, lo sfarzo, la gloria, la bellezza, era il Fiat. La sua luce mi ecclissava ed io sarei stata dei secoli innanzi a Gesù senza dirgli nulla, se lui stesso non avesse rotto il silenzio dicendomi:
“Figlia mia, la perfetta gloria e l’onore completo alla mia Volontà lo dette la mia umanità. Fu proprio nel mio interno, nel centro di questo cuore, che formai il Regno del Voler Supremo; e siccome l’uomo l’aveva perduto né c’era speranza di poterlo [ri]acquistare, la mia umanità lo riacquistò con pene intime ed inaudite, dandogli tutti gli onori dovuti e la gloria toltagli dalla creatura, per ridarlo di nuovo alla creatura. Sicché il Regno della mia Volontà fu formato nella mia umanità; perciò tutto ciò che veniva formato in essa ed usciva fuori portava l’impronta del Fiat. Ogni mio pensiero, sguardo, respiro, palpito, ogni goccia del mio sangue, tutto, tutto portava il suggello del Fiat del mio regno supremo. Questo dava tanta gloria e mi abbelliva tanto, che cielo e terra restavano al di sotto e come oscurati innanzi a me, perché la mia Volontà Divina è superiore a tutto [e tutto è] al di sotto di essa come suo sgabello.
Ora nel giro dei secoli io guardavo a chi dovevo affidare questo regno, e sono stato come una madre pregna che spasima, che si duole, perché voleva partorire il suo parto, e non lo può. Povera madre, quanto soffre, perché non può godersi il frutto delle sue viscere; molto più che, avendo maturato questo parto e non uscendo [questo], la sua esistenza è sempre in pericolo.
Più che madre pregna sono stato per tanti secoli. Quanto ho sofferto! Come ho spasimato nel vedere in pericolo gli interessi della mia gloria, tanto della creazione quanto della redenzione! Molto più che questo regno lo tenevo come in segreto e celato nel mio cuore, senza avere neppure lo sfogo di manifestarlo; e questo mi faceva spasimare di più, perché non vedendo nelle creature le vere disposizioni per poter dare questo mio parto e non avendo preso loro tutti i beni che ci sono nel Regno della Redenzione, non potevo azzardare a dar loro il Regno della mia Volontà, che contiene beni più grandi. Molto più che i beni della redenzione serviranno come corredo, come antidoto per fare che entrando nel Regno della mia Volontà [le creature] non potessero ripetere una seconda caduta, come fece Adamo.
Dunque se tutti questi beni non tutti sono stati presi, anzi manomessi e calpestati, come poteva uscire questo parto del mio regno da dentro la mia umanità? Perciò mi son contentato di spasimare, di soffrire, di aspettare più che una madre per non esporre al pericolo il mio caro parto del mio regno. E perciò spasimavo che volevo metterlo fuori per farne dono alla creatura e per mettere al sicuro gl’interessi della creazione e redenzione, tutti in pericolo; perché, fino a tanto che l’uomo non ritorna nel Regno del Supremo Volere, gl’interessi nostri e i suoi saranno sempre pericolanti. L’uomo fuori della nostra Volontà è sempre un disordine nella nostra opera creatrice, è una nota [di]scordante che toglie la perfetta armonia alla santità delle nostre opere.
E perciò io guardavo il giro dei secoli aspettando la mia piccola neonata nel Regno della mia Volontà, mettendole intorno tutti i beni della redenzione per sicurezza del Regno della mia Volontà. E più che madre dolente, che tanto ho spasimato, affido a te questo mio parto e le sorti di questo mio regno.
E non [è] solo la mia umanità che vuole partorire questo mio parto che mi costa tanto, ma tutta la creazione è pregna della mia Volontà, e spasima perché [la] vuole partorire alle creature per ristabilire il Regno del loro Dio in mezzo alle creature. Quindi la creazione è come velo che nasconde come un parto la mia Volontà, e le creature prendono il velo e respingono il parto che c’è dentro.
Pregno della mia Volontà è il sole; e mentre prendono gli effetti della luce, che come velo nasconde la mia Volontà, i beni che produce, respingono poi la mia Volontà, non la riconoscono né si fanno dominare da essa. Sicché prendono i beni naturali che ci sono nel sole; i beni dell’anima, il Regno del mio Volere che regna nel sole e che vuol darsi a loro, li respingono. Oh, come spasima nel sole la mia Volontà, che [il sole] vuol partorire dall’altezza della sua sfera, per regnare in mezzo alle creature!
Pregno della mia Volontà è il cielo, che guarda coi suoi occhi di luce, quali sono le stelle, le creature, se la vogliono ricevere perché regni in mezzo a loro.
Pregno della mia Volontà è il mare, che colle sue onde fragorose si fa sentire; e le acque come velo la nascondono, ma l’uomo se ne serve del mare, prende i suoi pesci e la mia Volontà non cura e la fa spasimare come parto represso nelle viscere delle acque.
Sicché tutti gli elementi sono pregni della mia Volontà; il vento, il fuoco, il fiore, la terra tutta, sono tanti veli che [la] nascondono.
Ora chi darà questo sfogo e sollievo alla mia umanità? Chi romperà questi veli di tante cose create che la[1] nascondono? Chi riconoscerà in tutte le cose il portatore della mia Volontà, e facendole i dovuti onori la farà regnare nell’anima sua dandole il dominio e la sua sudditanza? Perciò figlia mia, sii attenta, dà questo contento al tuo Gesù, che finora ha tanto spasimato per mettere fuori questo parto del mio regno supremo; ed insieme con me tutta la creazione, come un atto solo, romperà i veli e depositerà in te il parto della mia Volontà che nascondono”.
[1] la mia Volontà
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta