Libro di Cielo - Volume 19°

Aprile 28, 1926 (15)

Come la creazione e la Mamma celeste sono gli esemplari più perfetti del vivere nel Voler Divino, e come la Vergine superò tutti nel patire.

Stavo pensando tra me: “Il mio dolce Gesù quando parla del suo Volere unisce quasi spesso insieme la Sovrana Regina del cielo, oppure la creazione. Pare che si diletta tanto di parlare sia dell’una che dell’altra, che va trovando occasioni, pretesti, ritrovati per manifestare ciò che fa la sua Santissima Volontà tanto nella Mamma celeste quanto nella creazione.

Ora mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno e tutto tenerezza mi ha stretta a sé e mi ha detto:

“Figlia mia, se ciò faccio ho le forti ragioni. Tu devi sapere che la mia Volontà solo nella creazione e nella mia Mamma celeste è stata sempre integra ed ha tenuto libero il suo campo d’azione. Quindi, dovendo chiamare te a vivere nel mio Volere come una di loro, dovevo proportela come esempio, come un’immagine cui tu devi imitare. Sicché per poter fare cose grandi in modo che tutti possono percepire di quel bene, menoché nol[1] volessero, la prima cosa [è che] la mia Volontà deve agire integralmente nell’anima.

Guarda la creazione, come la mia Volontà è integra in essa, e perché integra, [la creazione] sta sempre al suo posto e contiene la pienezza di quel bene con cui fu creata e perciò si mantiene sempre nuova, nobile, pura, fresca e può partecipare a tutti il bene che possiede; ma il bello è che mentre si dà a tutti, essa nulla perde ed è sempre tale quale fu creata da Dio. Che cosa ha perduto il sole col dare tanta luce e calore alla terra? Nulla. Che ha perduto l’azzurro cielo collo stare disteso nell’atmo­sfera? la terra col produrre tante e tante svariate piante? Nulla; e così di tutte le cose da me create. Oh, come la creazione decanta in modo mirabile quel detto che dicono di me: ‘È sempre antico e sempre nuovo’!

Sicché la mia Volontà nella creazione è centro di vita, è pienezza di bene, è ordine, armonia; tutte le cose da essa volute le tiene al posto. Dove potrai trovare tu un esempio più bello, un’immagine più perfetta del vivere nel mio Volere, se non che nella creazione?

Perciò io ti chiamo a vivere in mezzo alle cose create come una loro sorella, affinché impari a vivere nel Supremo Volere per poter stare anche tu al tuo posto voluto da me, per potere racchiudere in te la pienezza del bene che il mio Volere vuol racchiudere in te, affinché chi ne vuole possa prendere di quel bene. E siccome tu sei dotata di ragione, devi sorpassarle tutte[2] e ricambiare il loro Creatore in amore e gloria per ciascuna cosa creata, come se tutte fossero dotate di ragione.

Sicché sarai la supplitrice[3] di tutta la creazione ed essa ti sarà di specchio dove rimirarti per poter copiare il vivere nel mio Volere, affinché non [ti] sposti dal tuo posto; ti sarà di guida e ti farà da maestra col darti le lezioni più alte e perfette sul vivere nel mio Volere.

Ma quella che sorpassa tutto è la mia Mamma celeste. Essa è il nuovo cielo, è il sole più sfolgorante, è la luna più fulgida, è la terra più fiorita. Tutto, tutto racchiude in sé, e se ciascuna cosa creata racchiude la pienezza del suo[4] bene ricevuto da Dio, la mia Mamma racchiude tutti i beni insieme, perché è dotata di ragione, e vivendo la mia Volontà integra in essa, la pienezza della grazia, della luce, della santità, cresceva ad ogni istante; ogni atto che faceva erano soli, stelle che il mio Volere formava in essa. Sicché sorpassò la creazione, tutto, e la mia Volontà integra e permanente in lei fece la cosa più grande ed impetrò il sospirato Redentore.

Perciò la mia Mamma è Regina in mezzo alla creazione, perché sorpassò tutto, e la mia Volontà trovò in lei l’alimento della sua ragione che, integra e permanente, la faceva vivere in essa; c’era sommo accordo, si davano la mano a vicenda. Non c’era fibra del suo cuore, parola, pensiero, su cui la mia Volontà non possedeva la sua vita. E che cosa non può fare un Volere Divino? Tutto. Non c’è potenza che gli manca né cosa che non può fare, perciò si può dire che [la mia Mamma] tutto fece, e tutto ciò che gli altri non potettero fare né potranno fare tutt’insieme lo fece lei sola.

Quindi non ti maravigliare se ti addito la creazione e la Sovrana Regina, perché debbo additarti gli esemplari più perfetti e dove la mia Volontà tiene vita perenne, e che mai ha trovato ostacolo al suo campo d’azione divina per poter operare cose degne di sé.

Perciò figlia mia, se vuoi che il mio Fiat Supremo regna come in cielo, che è la cosa più grande che ci resta da fare per le umane generazioni, fa che il mio Volere tenga il posto di sovrano in te e che viva integro e permanente. Di tutto il resto non ti dar pensiero, né della tua incapacità né delle circostanze né delle cose nuove che possono sorgere intorno a te, perché regnando in te il mio Volere serviranno come materie ed alimento perché il mio Fiat avesse il suo compimento”.

Onde dopo, stavo pensando tra me: “La mia Regina Mamma è vero che fece il più grande dei sacrifizi, che nessun altro ha fatto, cioè col non voler conoscere affatto la sua volontà, ma solo quella di Dio, ed in ciò abbracciò tutti i dolori, tutte le pene, fino all’eroismo del sacrifizio di sacrificare il proprio Figlio per compiere il Voler Supremo, ma una volta fece questo sacrifizio; tutto ciò che soffrì dopo fu l’effetto del suo primo atto, né ebbe a lottare come noi nelle diverse circostanze, negl’incontri imprevisti, nelle perdite inaspettate. [Per noi] è sempre lotta, fino a sanguinare il proprio cuore per timore di cedere alla nostra guerreggiante volontà umana. Con quanta attenzione bisogna stare [a] che il Voler Supremo tenga sempre il suo posto d’onore e la supremazia su tutto, e molte volte rincrudisce più la lotta che la stessa pena”.

Ma mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno dicendomi: “Figlia mia, tu ti sbagli. Non fu uno il massimo sacrifizio della mia Mamma, ma furono tali e tanti per quanti dolori, pene, circostanze e incontri fu esposta la sua e la mia esistenza; le pene in lei erano sempre raddoppiate, perché le mie pene erano più che pene sue. E poi la mia sapienza non cambiò direzione con la Mamma mia; in ogni pena che doveva toccarle, io le domandavo sempre se voleva accettarle, per sentirmi ripetere da lei quel Fiat in ogni pena, in ogni circostanza e anche in ogni suo palpito. Quel Fiat mi risuonava sì dolce, sì soave ed armonioso, che lo volevo sentire ripetere in ogn’istante della sua vita e perciò le domandavo sempre: ‘Mamma vuoi far questo? Vuoi soffrire questa pena?’ Ed a lei il mio Fiat portava i mari dei beni che contiene e le faceva capire l’intensità della pena che accettava, e questo capire con luce divina ciò che passo passo doveva patire, le dava tale un martirio che infinitamente sorpassava la lotta che subiscono le creature, perché mancando in lei il germe della colpa mancava il germe della lotta. E la mia Volontà doveva trovare un altro ritrovato per fare che non fosse minore delle altre creature nel patire, perché dovendo acquistare con giustizia il diritto di Regina dei dolori, doveva superare tutte le creature insieme, nelle pene.

E quante volte non l’hai provato tu stessa che, mentre non sentivi nessuna lotta, il mio Volere facendoti capire le pene a cui ti sottoponeva, tu restavi impietrita dalla forza del dolore, e mentre restavi disfatta nella pena tu eri la piccola agnellina nelle mie braccia, pronta ad accettare altre pene a cui il mio Volere ti voleva sottoposta. Ahi, non soffrivi tu più che nella stessa lotta? La lotta è segno di passioni veementi, mentre la mia Volontà porta il dolore, dà l’intrepidezza, e con la conoscenza dell’intensità della pena gli[5] dà tale merito che solo può dare una Volontà Divina.

Perciò come faccio con te, che in ogni cosa che voglio da te ti domando prima se vuoi, se accetti, così facevo con la Mamma mia, affinché il sacrifizio sia sempre nuovo e mi dà occasione di conversare con la creatura, di trattenermi con lei, ed il mio Volere abbia il suo campo d’azione divina nella volontà umana”.

Ora mentre stavo scrivendo ciò che sta scritto qui sopra, non ho potuto più andare avanti, perché la mia mente è restata alienata dai sensi da un canto bello ed armonioso accompagnato da un suono non mai sentito; questo canto chiamava tutti in attenzione ed armonizzava con tutta la creazione e colla patria celeste. Tutto ciò lo scrivo per obbedire. Mentre sentivo il canto, il mio Gesù mi ha detto:

“Figlia mia, senti com’è bello! Questo suono e canto è un cantico nuovo formato dagli angeli come omaggio, gloria ed onore al connubio della Volontà Divina colla tua volontà umana. È tanta la gioia di tutto il cielo e della creazione tutta, che non potendola contenere suona[no] e canta[no]”.

Detto ciò mi son trovata in me stessa.

 



[1] menoché nol, cioè a meno che non lo

[2] le cose create

[3] colei che supplisce

[4] proprio

[5] al dolore

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