17° Volume - Dicembre 1, 1924 (24)
“Non c’è pena che la mia Volontà riceva dalle creature, [di cui] non renda partecipe l’anima che vive in Essa”.
Mi sentivo amareggiata al sommo, e mentre pregavo, piangevo la dura mia sorte di essere priva di colui che formava tutta la mia vita... Il mio stato è irrimediabile; nessuno si muove a pietà di me; tutto è giustizia. E poi, chi si vuol muovere a pietà di me, se colui che è la fonte della pietà me la nega? Ora, mentre piangevo e pregavo, mi son sentita prendere le mani fra le mani di Gesù, e sollevandomi in alto ha detto: “Venite tutti a vedere uno spettacolo sì grande e non mai visto, né in cielo, né in terra: un’anima continuamente morendo[1] per puro amor mio”.
Al dire di Gesù si sono aperti i cieli, e tutta la gerarchia celeste mi guardava. Anch’io mi guardavo, e vedevo la povera anima mia appassita e morente, come quel fiore che sta per declinare sul suo stelo… Ma mentre morivo, una virtù segreta mi dava vita… Ahimè! Forse è la giustizia punitrice di Dio, che giustamente mi punisce. Mio Dio! Mio Gesù, abbi pietà di me! Pietà di una povera morente! È la sorte più dura che mi tocca fra tutti i poveri mortali: morire senza poter morire! Onde il mio dolce Gesù, quasi per tutta la notte, mi ha tenuta fra le sue braccia, per darmi la forza ed assistermi nella mia agonia... Io credevo che finalmente avesse di me compassione e mi portasse con sé, ma invano...! Dopo che mi ha rincorata alquanto, mi ha lasciata col dirmi: “Figlia mia, la mia Volontà sta ricevendo continue morti da parte delle creature. Essa è vita, e come vita vuol dare la vita della luce; ma la creatura respinge questa luce, e difatti, non ricevendola, muore questa luce per la creatura, e la mia Volontà sente la pena della morte che la creatura ha dato a questa luce. La mia Volontà vuol far conoscere i pregi e le virtù che contiene, e la creatura respinge questa conoscenza; così, la mia Volontà per la creatura muore a questa conoscenza ed ai pregi e alle virtù che contiene il mio Volere, e la mia Volontà sente la pena della morte che la creatura ha dato alle virtù e pregi del mio Volere... E così, se vuol dare l’amore e non è ricevuto, sente la morte data all’amore; se vuol dare la santità, la grazia, sente darsi dalla creatura la morte alla santità ed alla grazia che vuol dare. Sicché è continua la morte che sente al bene che vuol dare. E poi, non la senti tu, in te, la morte continua che soffre la mia Volontà? Vivendo tu in Essa, sei costretta, come connaturalmente, a prendere parte a queste morti che soffre la mia Volontà, e a vivere in uno stato di continua agonia”.
Ed io, nel sentir ciò, ho detto: “Gesù, amor mio, non mi sembra che sia così; è la tua privazione che mi uccide, che mi toglie la vita senza farmi morire…”.
E Gesù: “La mia privazione da una parte, la mia Volontà dall’altra, che tenendoti assorbita in sé, ti fa parte delle sue pene. Figlia mia, il vero vivere nel mio Volere importa questo: che non c’è pena che la mia Volontà riceva dalle creature, [di cui] non renda partecipe l’anima che vive in Essa”.
[1] morente