17° Volume - Settembre 11, 1924 (12)
Nel vedere una volontà di creatura vivere nella Divina Volontà, Gesù costituisce tutti i suoi atti in atti divini.
Mi sentivo molto turbata e pregavo Gesù che avesse di me compassione, che prendesse lui tutta la cura della povera anima mia, e gli dicevo: “Deh, allontanami anche tutti, purché mi resti tu solo; tu solo mi basti. Dopo tanto tempo avresti dovuto contentarmi, molto più che non ti chiedo che te solo”.
Quando ciò avveniva ero in quello stato di immobilità della notte, dal quale mi deve liberare il confessore col chiamarmi all’ubbidienza al mattino, prima di celebrarmi la santa messa. Ora, mentre ciò ed altro dicevo, il mio Gesù mi ha preso un braccio, come se volesse lui stesso liberarmi e farmi così l’ufficio del mio confessore. Oh, come mi sentivo felice nel vedere ciò fare dal mio Gesù! Pensavo tra me: “Finalmente è finito il più duro dei miei sacrifizi...!”.
Ma felicità vana e passeggera! Mentre Gesù mi ha preso il braccio, nel medesimo tempo è fuggito, ed io sono [stata] lasciata nel solito mio stato, senza potermi riavere. Oh, come ho pianto! E pregavo che avesse di me compassione. Onde, dopo qualche ora, il mio amabile Gesù è ritornato, e vedendomi piangere e tutta amareggiata mi ha detto: “Figlia mia, non piangere; non vuoi fidarti del tuo Gesù? Lasciami fare, lasciami fare, né prendere le cose alla leggera. Anzi, oh, quante cose tristi stanno per succedere! La mia giustizia non può più trattenere i fulmini per colpire le creature; tutti stanno per scatenarsi, l’uno contro dell’altro, e quando sentirai i mali dei tuoi fratelli sentirai rimorso delle tue opposizioni al tuo solito sacrifizio, come se anche tu avessi messo mano a spingere la giustizia a colpire le creature”. Ed io, nel sentire ciò, ho detto: “Mio Gesù, mai sia, né voglio sottrarmi dalla tua Volontà; anzi, ti prego di liberarmi dalla più brutta delle sventure, che io non faccia la tua Santissima Volontà; né ti prego di liberarmi dal patire, anzi, me lo accresci[1] pure. Solo ti prego, solo come grazia che voglio da te (sempre se tu lo vuoi), che mi liberi dal fastidio che do al confessore. Questo mi è troppo duro, e mi sento che non ho la forza per sopportarlo; quindi, se a te piace, oppure dammi più forza, ma non permettere che non si compia la tua Santissima Volontà su di me”.
E Gesù, riprendendo il suo dire, ha soggiunto: “Figlia mia, ricordati che ti domandai un sì nella mia Volontà, e tu lo pronunziasti con tutto amore. Quel sì esiste ancora e tiene il primo posto nella mia Volontà interminabile. Tutto ciò che tu fai, pensi e dici, è legato da quel sì, cui niente sfugge, e la mia Volontà ne gode e fa festa, nel vedere una volontà di creatura vivere nella mia Volontà, e la vo riempiendo di grazie nuove, e costituisco tutti i tuoi atti in atti divini. Questo è il più grande portento che esiste tra il cielo e la terra, è l’oggetto a me più caro; che non sia mai mi si strappasse quel sì, mi sentirei strappare me stesso e ne piangerei amaramente... Osserva: come tu facevi quella piccola opposizione, quel tuo sì ha tremato di spavento; a quel tremito, le fondamenta dei cieli si sono scosse tremanti; tutti i santi ed angeli e tutto l’ambito dell’eternità hanno guardato con orrore e con dolore, sentendosi strappare un atto della Volontà Divina, perché involgendo la mia Volontà tutti e tutto, sentivano i tuoi atti fatti una sola cosa con loro, e quindi tutti sentivano il doloroso strappo; potrei dirti che tutti si atteggiavano a profondo dolore”.
Ed io, spaventata del dire di Gesù, ho detto: “Amor mio, che dici? Possibile tutto questo male? Il tuo dire mi fa morire di pene. Deh, perdonami! Abbi misericordia di me, che sono tanto cattiva, e conferma il mio sì con legami più forti nella tua Volontà; anzi, fammi morire anziché farmi uscire dalla tua Volontà”.
E Gesù di nuovo: “Figlia mia, quietati: come subito ti sei rimessa nel mio Volere, tutte le cose si sono quietate e si sono atteggiate a nuova festa. Il tuo sì continui i suoi veloci giri nell’immensità della mia Volontà... Ah, figlia, né tu né quelli che ti dirigono hanno conosciuto che significa vivere nel mio Volere; perciò non lo apprezzate, e si tiene come cosa di niuna importanza, e questo è un mio dolore, mentre è la cosa che più m’interessa e che dovrebbe, più che tutte le cose, interessare tutti! Ma, ahimé, si bada ad altro, a cose anche a me meno gradite o indifferenti, anziché a ciò che più mi glorifica e dà a loro, anche su questa terra, beni immensi ed eterni, e li rende proprietari dei beni che la mia Volontà possiede... Vedi, la mia Volontà è una, ed abbraccia tutta l’eternità.
Ora, l’anima, vivendo nella mia Volontà e facendola sua, viene a prendere parte a tutte le gioie e ai beni che la mia Volontà contiene, e se ne rende come proprietaria; e sebbene stando in terra lei non sente tutte quelle gioie e beni, tenendone il deposito nella sua volontà in virtù della mia fatta in terra, morendo e trovandosi lassù nei cieli sentirà tutte quelle gioie e beni che la mia Volontà ha messo fuori nel cielo, mentre lei viveva sulla terra. Nulla le sarà tolto, anzi moltiplicato, perché se i santi godono in cielo della mia Volontà perché vivono in Essa, pure è sempre godendo che vivono nella gloria; invece, l’anima che vive nella mia Volontà in terra, vive patendo, e non è conveniente che lei abbia quel gaudio e quei beni che le sono serbati in cielo con più abbondanza, per l’operare che ha fatto e per il vivere nella mia Divina Volontà. Sicché, quante ricchezze immense non prende in cielo chi vive nella mia Volontà sulla terra? Posso dire che tutta l’eternità si aggira intorno a lei per arricchirla e per felicitarla; di nulla viene privata di ciò che la Divina Volontà contiene; è la sua figlia, è volontà sua, e l’ama tanto che tutti i gaudi suoi sono comuni con essa. Perciò sii attenta, figlia mia, né volerti opporre ai miei disegni che ho fatto su di te”.
[1] accrescimelo