Agosto 14, 1912 (29)
Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù mi aveva detto:
“Figlia mia, per potere l’anima dimenticare se stessa, dovrebbe fare in modo che tutto ciò che fa e che le è necessario, lo facesse come se io lo volessi fare in lei. Se pregasse dovrebbe dire: ‘È Gesù che vuol pregare’, ed io prego insieme con lei; se deve lavorare: ‘È Gesù che vuole lavorare’; ‘È Gesù che vuole camminare, è Gesù che vuole prendere cibo, che vuole dormire, che vuole alzarsi, che vuole divertirsi’, e così di tutto il resto della vita. Così solo può l’anima dimenticarsi di se stessa, perché non solo farà tutto perché lo voglio io, ma perché lo voglio fare io, mi necessitano a me proprio”.
Ora un giorno stavo lavorando e stavo pensando: “Come può essere che mentre io lavoro è Gesù che lavora in me, è lui proprio che vuol fare questo lavoro?”
E Gesù: “Io proprio, le mie dita che stanno nelle tue e lavorano. Figlia mia, quand’io stavo sulla terra le mie mani non si abbassavano a lavorare legne, a ribattere i chiodi, ad aiutare nei lavori fabbrili il mio padre putativo Giuseppe? E mentre ciò facevo, con quelle mani medesime, con quelle dita, creavo le anime e altre anime richiamavo all’altra vita, divinizzavo tutte le azioni umane, le santificavo dando a ciascuna un merito divino; nei movimenti delle mie dita chiamavo in rassegna tutti i movimenti delle tue dita e degli altri, e se vedevo che le facevano per me o perché io li volessi fare in loro, io continuavo la vita di Nazareth in loro e mi sentivo come rinfrancato da parte loro per i sacrifizi, le umiliazioni della mia vita nascosta, dando loro il merito della mia stessa vita. Figlia, la vita nascosta che feci in Nazareth non viene calcolata dagli uomini, mentre non potevo[1] far loro più bene di quella dopo la passione, perché abbassandomi io a tutti quegli atti piccoli e bassi, a quegli atti che gli uomini vivono alla giornata, come il mangiare, il dormire, il bere, il lavorare, accendere fuoco, scopare, ecc., atti tutti che nessuno può farne a meno, io facevo scorrere nelle loro mani una monetina divina e di prezzo incalcolabile. Sicché se la passione li redense, la vita nascosta corredava ogni azione umana, anche la più indifferente, di merito divino e di prezzo infinito.
Vedi, mentre tu lavori, lavorando perché io voglio lavorare, le mie dita scorrono nelle tue, e mentre lavoro in te, nel medesimo istante [con] le mie mani creatrici, quanti sto mettendo alla luce di questo mondo? quante altre ne chiamo? quante altre santifico, altre correggo, altre castigo, ecc.? Ora tu stai con me a creare, a chiamare, a correggere ed altro, sicché come tu non sei sola, neppure lo sono io nel mio operare; ti potrei dare onore più grande?”
Ma chi può dire quello che comprendevo, il bene che si può fare a noi ed agli altri facendo le cose perché Gesù le vuole fare in noi? La mia mente si perde e perciò faccio punto.
[1] poteva
fonte audio: www.divinavoluntas.it
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