Libro di Cielo - Volume 4°

Giugno 18, 1901 (70)

Gesù esige da tutte le particelle del nostro essere la sua gloria. Dallo stato d’unione si passa alla consumazione.

Trovandomi nel solito mio stato, per poco ho visto il mio dolce Gesù, ed avendo mosso i miei lamenti sul povero mio stato delle[1] sue privazioni, ed una specie di stanchezza fisica e morale, come se la povera natura me la sentissi stritolare, e da tutte le parti me la sento venir meno. Quindi avendo detto tutto ciò al mio Gesù, mi ha detto:

“Figlia mia, non temere ché ti senti venir meno da tutte le parti; non sai tu che tutto deve essere sacrificato per me, non solo l’anima ma anche il corpo? E che da tutte le minime particelle di te io esigo la mia gloria? E poi non sai tu che dallo stato d’unione si passa ad un altro, qual è quello della consumazione? È vero che non vengo secondo il solito, per castigare le genti, ma per te me ne servo anche per tuo profitto, che è non solo di tenerti unita con me, ma di consumarti per amor mio. Difatti, non venendo io e [tu] sentendoti venir meno per la mia assenza, non vieni tu a consumarti per me? Del resto non hai gran ragione d’affliggerti, primo ché quando tu mi vedi è sempre dal tuo interno che mi vedi uscire, e questo è un segno certo che con te ci sto, e poi ché ancora deve passare giorno senza che[2] puoi dire di non avermi visto perfettamente”.

Dopo ciò prendendo un tono di voce più dolce e benigno, ha soggiunto:

“Figlia mia, ti raccomando assai assai di non fare uscire da te il minimo atto che non sia pazienza, rassegnazione, dolcezza, uguaglianza di te stessa, tranquillità in tutto, altrimenti verresti a disonorarmi, e succederebbe come a quel re che abitasse dentro un palazzo bene arricchito, e da fuori quell'abitazione si vedesse tutta piena di screpolature, macchiata, in atto di venir meno; non direbbero: ‘Come abita un re in questo palazzo, e si vede da fuori un così brutto apparato, che fa temere pure d’avvicinarsi? Chi sa che re sarà costui!’? E questo non sarebbe un disonore per quel re? Ora pensa che se da te esce cosa che non sia virtù, lo stesso direbbero di te e di me, ed io ne resterei disonorato ché vi abito dentro”.



[1] per le

[2] senza che, cioè: in cui

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