Settembre 21, 1900 (11)
Chi può dire la mia afflizione nel restare priva del mio carissimo amico dolore? Ammiravo, sì, il prodigioso impero della santa ubbidienza, come pure la virtù che il Signore aveva comunicato al confessore, che con l'ubbidienza e col segnarmi mi aveva liberato da un male che per me lo ritenevo grave e che era bastante a disfare il mio corpo; ma con tutto ciò non potevo fare a meno di sentire la pena d’essere priva d’un dolore tanto buono, che impietosiva ed inteneriva il benedetto Gesù in modo che lo facevo venire quasi continuamente. Onde nel venire Nostro Signore, mi son lamentata con lui col dirgli:
“Diletto mio Bene, che mi hai fatto? Mi hai fatto liberare dal confessore. Dunque ho perduto la speranza di lasciare per ora la terra! E poi, perché fare tanti raggiri, potevate voi stesso liberarmi; ché avete messo il padre in mezzo? Ah, forse non avete voluto dispiacermi direttamente, non è vero?”
E lui: “Ah, figlia mia, come presto hai dimenticato che l’ubbidienza fu tutto per me! L’ubbidienza voglio che sia tutto per te. E poi ho messo in mezzo il padre, per fare [sì] che tu avessi riguardo di lui come la mia stessa persona”.
Detto ciò è scomparso, lasciandomi tutta amareggiata. Quante ne sa fare la signora ubbidienza! Bisogna conoscerla e aver a che fare con lei per lungo tempo, e non per poco, per poter dire veramente chi ella sia. E bravo, bravo alla signora ubbidienza, quanto più si sta, tanto più ti fai conoscere. Io per me, a dire il vero, t’ammiro, son costretta anche ad amarti; ma non posso farne a meno, specie quando me ne fai qualcuna delle grosse, di non sentirmi corrucciata con te! Perciò ti prego, o cara ubbidienza, d’essere più indulgente, più indulgente a farmi soffrire.
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta