Maggio 20, 1900 (72)
Trovandomi fuori di me stessa, mi pareva che fosse notte e vedevo tutto l’universo, tutto l’ordine della natura, il cielo stellato, il silenzio notturno; insomma mi pareva che tutto avesse un significato. Mentre ciò vedevo, mi pareva vedere Nostro Signore che prendendo la parola su ciò che vedevo ha detto:
“Tutta la natura invita ad un riposo, ma qual è il vero riposo? È il riposo interno, il silenzio di tutto ciò che non è Dio. Vedi le stelle scintillanti di luce temperata, non abbagliante come il sole, il sonno, il silenzio di tutta la natura, degli uomini e fin degli animali, che tutti cercano un luogo, una tana dove starsene in silenzio e riposarsi dalla stanchezza della vita. Se ciò è necessario per il corpo, molto più per l’anima. È necessario riposarsi nel suo proprio centro che è Dio. Ma per potersi riposare in Dio è necessario il silenzio interno, come al corpo è necessario il silenzio esteriore per potersi placidamente addormentare. Ma qual è questo silenzio interiore? È di far zittire le proprie passioni col tenerle a posto, di imporre silenzio ai desideri, alle inclinazioni, agli affetti, insomma, a tutto ciò che non chiama Dio.
Or qual è il mezzo per giungere l’uomo a ciò? L’unico mezzo ed assolutamente necessario è di disfare il proprio essere secondo la natura, ridurlo al nulla come un nulla era prima che fosse creato; e quando avrà ridotto al nulla il suo essere, riprenderlo in Dio. Figlia mia, tutte le cose dal nulla hanno principio. Questa stessa macchina dell’universo che tu rimiri con tanto ordine, se prima di crearla fosse stata ripiena d’altre cose, non avrei potuto mettere la mia mano creatrice per farla con tanta maestria e renderla tanto splendida ed ornata; al più avrei potuto disfare tutto ciò che ci poteva essere, e poi rifarla come a me piaceva. Ma siamo sempre lì, che tutte le mie opere dal nulla hanno principio, e quando c’è mischianza di altre cose non è decoroso della mia Maestà scendere ed operare nell’anima; ma quando l’anima si riduce al nulla e risale a me e prende il suo essere nel mio, allora io vi opero da quel Dio che sono, e l’anima vi trova il vero riposo. Eccoti che tutte le virtù dall’umiltà e dall’annientamento di sé stesso hanno principio”.
Chi può dire quanto comprendevo su ciò che mi diceva il benedetto Gesù? Oh, come felice sarebbe l’anima mia se potessi giungere a disfare il mio povero essere per poter ricevere dal mio Dio il suo Essere Divino! Oh, come mi nobiliterei, come resterei santificata! Ma quale sciocchezza è la mia? dove mi abbia[1] il cervello se ancor non lo faccio? Che miseria umana che, invece di cercare il suo vero bene e di prendere il suo volo in alto, si contenta di arrampicarsi per terra e di vivere nel fango e nel marciume!
Dopo ciò il mio diletto Gesù mi [ha] trasportata dentro un giardino, dove era molta gente che si preparava ad assistere ad una festa, ma solo quelli che ricevevano una divisa vi potevano assistere, ed erano pochi quelli che ricevevano questa divisa. Venne a me gran voglia di riceverla, e tanto ho fatto che ho ottenuto l’intento. Onde giunta al punto dove si riceveva, una matrona veneranda, prima mi ha vestita di bianco, poi mi ha messo una tracolla celeste da cui pendeva una medaglia improntata del volto di Gesù, e che mentre era volto, era insieme specchio, che rimirandolo si scorgeva[no] le più piccole macchie, che l’anima con l’aiuto di una luce che veniva da dentro quel volto facilmente si poteva togliere. Mi pareva che quella medaglia racchiudesse un senso misterioso. Dopo ha preso un manto d’oro finissimo e tutta mi ha coperta. Mi pareva che così tutta vestita potessi gareggiare con le vergini comprensorie[2]. Mentre ciò succedeva, Gesù mi ha detto: “Figlia mia, ritorniamo a vedere ciò che fanno gli uomini; basta che sei[3] vestita, [e] quando sarà la festa allora ti porterò ad assistere”.
Così, dopo aver girato un poco, mi ha trasportato al mio posto.
[1] mi abbia, cioè ho
[2] che abitano il cielo
[3] tu sia
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta