Novembre 28, 1899 (15)
Il mio diletto Gesù è venuto tutto affabilità. Mi pareva come un intimo amico che fa tante cerimonie all’altro amico per attestargli il suo amore. Le prime parole che mi ha detto sono state: “Diletta mia, se tu sapessi quanto ti amo! Mi sento tirato grandemente ad amarti. Gli stessi miei indugi nel venire, mi sforzano e sono nuove cause di farmi venire a colmarti di nuove grazie e carismi celesti. Se tu potessi comprendere quanto ti amo, il tuo amore paragonato col mio appena lo scorgeresti”.
Ed io: “Mio dolce Gesù, è vero ciò che dite, ma anche io sento che vi amo assai; e voi dite che il mio amore paragonato al vostro appena si scorge, questo è perché il vostro potere è senza limiti ed il mio è limitato; e per tanto posso fare, per quanto da voi stesso mi vien dato. È tanto vero ciò, che quando mi viene la volontà di più soffrire per maggiormente attestarvi il mio amore, se voi non me le concedete le pene, non sta in mio potere il soffrire e son costretta a rassegnarmi anche in questo ed essere quell’essere inutile che da me sono stata sempre. Invece a voi stava in vostro potere lo stesso patire, ed in qualche[1] modo volete manifestarmi il vostro amore, già lo potete fare. Diletto mio, datemi a me il potere e poi vi farò vedere quanto so fare per amor vostro, perché quella misura che mi date, quella stessa misura vi darò”.
Lui ascoltava con sommo piacere il mio dire spropositato, e quasi volendomi mettere a prova mi ha trasportata fuori di me stessa, vicino ad un luogo profondo, pieno di fuoco liquido e tenebroso; metteva orrore e spavento al solo vederlo. Gesù mi ha detto: “Qui v’è purgatorio e molte anime ci sono ammassate in questo fuoco. Andrai tu in questo luogo a soffrire per liberare quelle anime che piacciono a me; e questo lo farai per amor mio”.
Io subito, sebbene un po’ tremando, gli ho detto: “Tutto per amor vostro, son pronta; ma ci dovete venire voi insieme, altrimenti se mi lasciate non vi fate più trovare e poi mi fate piangere ben bene”.
E lui: “Se vengo io insieme, qual sarebbe il tuo purgatorio? Quelle pene, con la mia presenza, per te si cambierebbero in gioie ed in contenti”.
Ed io: “Sola non ci voglio andare; e poi mentre andremo in quel fuoco, voi vi starete dietro le mie spalle, così non vi vedo e verrò a soffrire”.
Così sono andata in quel luogo ripieno di dense tenebre, e lui che mi seguiva da dietro; ed io per timore ancora [che] mi lasciasse, gli ho preso le mani, tenendole strette alle mie spalle. Giunta laggiù, chi può dire le pene che soffrivano quelle anime? Sono certo inenarrabili a persone vestite d’umana carne. Onde andando io in quel fuoco, esso distruggevasi e si diradavano le tenebre, e molte [anime] ne uscivano ed altre ne restavano sollevate. Dopo esser stati circa un quarto d’ora, ne siamo usciti, e Gesù tutto si lamentava.
Io subito ho detto: “Ditemi, mio Bene, perché vi lamentate? Cara mia vita, sono stata io forse la causa, perché non ho voluto andare sola in quel luogo di pene? Ditemi, ditemi; avete sofferto molto nel veder quelle anime soffrire? Che cosa vi sentite?”
E Gesù: “Diletta mia, mi sento tutto ripieno d’amarezze, tanto che non potendole più contenere sto per traboccarle sopra la terra”.
Ed io: “No, no, mio dolce amore, le verserete in me, non è vero?”
Ed avvicinandomi alla bocca[2] ha versato un liquore amarissimo, in tanta abbondanza che non potevo contenerlo, e pregavo lui stesso che mi desse la forza a sostenerlo, altrimenti ciò che non avevo fatto fare a Nostro Signore l’avrei fatto io, a[3] versarlo sopra la terra, e questo mi rincresceva molto a farlo. Pare però che mi ha dato la forza, sebbene erano tante le sofferenze che mi sentivo venir meno. Ma Gesù prendendomi fra le sue braccia mi sosteneva e mi diceva: “Per te bisogna cedere per forza; ti rendi tanto importuna che mi sento quasi necessitato a contentarti”.
[1] qualunque
[2] avvicinandomi alla bocca, cioè avvicinandosi Gesù alla mia bocca
[3] cioè
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta