Libro di Cielo - Volume 2°

Settembre 21, 1899 (74)

Contrasti con l’ubbidienza; Gesù le mostra il perché del suo stato.

Eppure chi doveva dirlo[1]: tutto il torto è suo, che non mi dà la capacità di saperlo manifestare; la signora obbedienza se l’è presa a male ed ha cominciato a farla da tiranno crudele, ed è giunta a tale crudeltà che mi ha tolto la vista dell’amante mio Bene, solo ed unico mio conforto. Si vede proprio che delle volte la fa anche da bambina, che quando vuole vincere un capriccio, se non lo vince con le buone assorda la casa con grida e con pianti, tanto che si è costretti a contentarla per forza. Non ci sono ragioni, non c’è via di mezzo come persuaderla; così fa la signora obbedienza; e brava, non ti avrei creduto tale, siccome vuole vincere lei, vuole che anche balbuziente scriva sulla carità.

Oh, Dio santo, rendetela voi stesso più ragionevole! Si vede proprio che non si può tirare innanzi in questo modo. E tu, o obbedienza, rendimi il mio dolce Gesù, non mi toccare più al vivo, e ti prego di non togliermi più la vista del mio sommo Bene, ed io ti prometto che anche balbuziente scriverò come tu vuoi. Solo vi chieggo in grazia di farmi rinfrancare per qualche giorno, perché la mia mente troppo piccola non si regge più a stare immersa in quel vasto oceano della carità divina, specialmente che là vi scorge di più le mie miserie e la mia bruttezza, e nel vedere l’amore che Dio mi porta, mi sento quasi impazzire, onde la mia debole natura si sente venir meno e non ne può più. Ma nello stesso tempo mi occuperò a scrivere altre cose, per poi riprendere sulla carità.

Riprendo il mio povero dire. Trovandosi la mia mente occupata delle cose già dette, andavo pensando tra me: “A che pro scrivere questo se io stessa non praticassi ciò che scrivo? Questo scritto sarebbe certo una mia condanna”.

Mentre ciò pensavo, è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto: “Questo scritto servirà a far conoscere chi è colui che ti parla e occupa la tua persona; e poi se non serve a te, la mia luce servirà ad altri che leggeranno ciò che ti faccio scrivere”.

Chi può dire quanto son rimasta mortificata nel pensare che altri profitteranno delle grazie che mi fa, se leggeranno questi scritti, ed io che li ricevo, no? Non mi condanneranno essi? E poi solo al pensar che giungeranno in mano d’altri mi si stringe il cuore per la pena e pel rossore di me stessa. Ora, rimanendo in grandissima afflizione, andavo ripetendo: “A che pro il mio stato, se [mi] servirà di condanna?”

E l’amorosissimo mio Gesù ritornando mi ha detto: “La mia vita fu necessaria per la salvezza dei popoli, e siccome la mia non la potei continuare sulla terra, perciò eleggo chi mi piace per continuarla in loro, per poter continuare la salvezza dei popoli; ecco il pro del tuo stato”.

 



[1] chi doveva dirlo, cioè non avrei dovuto dirlo

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