capitolo (80)
9° «Figlia mia, il mio stato è sempre più doloroso; se mi ami, il tuo sguardo abbilo fisso in me, per vedere se al tuo piccolo Gesù puoi apprestargli qualche sollievo; una parolina d'amore, una carezza, un bacio, metterà tregua al mio pianto ed alle mie afflizioni. Senti, figlia mia. Dopo avere dato otto eccessi del mio amore e l'uomo mi contraccambiò così malamente, il mio amore non si diede per vinto, ed all'ottavo eccesso volle aggiungere il nono; e questo furono le ansie, i sospiri di fuoco, le fiamme dei desideri che volevo uscire dal seno materno per abbracciare l'uomo; e questo riduceva la mia piccola umanità, non ancor nata, ad una agonia tale da giungere a dare l'ultimo anelito. E mentre stavo per dare l'ultimo respiro, la mia Divinità, ch'era inseparabile con me, mi dava dei sorsi di vita, e così riprendevo la vita per continuare la mia agonia e, ritornare di nuovo a morire.
Fu questo il nono eccesso del mio amore: agonizzare e morire d'amore continuo per la creatura. Oh, che lunga agonia di nove mesi! Oh, come l'amore mi soffocava e mi faceva morire e, se non avessi tenuto la Divinità con me che mi ridonava la vita ogni qual volta stavo per finire, l'amore mi avrebbe consumato prima d'uscire alla luce del giorno». Poi soggiungeva: «Guardami, ascoltami come agonizzo, come il mio piccolo cuore batte, affanna, brucia; guardami, adesso muoio».
E faceva profondo silenzio. Io mi sentivo morire, mi gelava il sangue nelle vene e, tremante, gli dicevo: «Amor mio, Vita mia, non morire, non mi lasciare sola. Tu vuoi amore, ed io t'amerò, non ti lascerò più; dammi le tue fiamme per poterti più amare e consumarmi tutta per te».
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta