capitolo (42)
Seguito a dire da dove lasciai, ed ecco come eseguì.
La mattina andai alla comunione, ed appena ricevuto Gesù, subito gli dissi: «Signore mio, vedi un po' in che tempesta mi trovo; dovevo ringraziarvi ché hai dato lume al confessore nel darmi l'ubbidienza di soffrire, ed invece la mia natura lo sente tanto, che io stessa ne resto confusa nel vedermi così cattiva. Ma però tutto ciò è niente; voi che ne volete il sacrificio mi darete anche la forza. Ma la ragione più possente in me è dover stare tanto tempo senza potervi ricevere in Sacramento! Chi potrà resistere senza di voi? Chi mi darà la forza? Dove potrò trovare un ristoro nelle mie afflizioni?». E mentre così dicevo sentivo tale pena nel cuore di questa separazione di Gesù Sacramentato, che piangevo dirottamente. Allora il Signore compatendo la mia debolezza mi disse: «Non temere, Io stesso sosterrò la tua debolezza; tu non sai quali grazie ti ho preparato, perciò temi tanto. Non sono Io onnipotente? Non potrò Io supplire alla privazione di potermi ricevere in Sacramento? Perciò rassegnati, mettiti morta nelle mie braccia, offriti vittima volontaria per ripararmi le offese, per i peccatori e per risparmiare gli uomini dei meritati flagelli; ed Io ti do in pegno la mia parola di non lasciarti neppure un sol giorno senza venirti a trovare. Finora tu sei venuta a me, d'ora in poi verrò Io a te, non ne sei tu contenta?».
Così mi rassegnai alla santa Volontà di Dio, e fui sorpresa da questo stato di sofferenze. Ora, chi può dire le grazie che il Signore incominciò a farmi. È impossibile poter dire tutto distintamente, potrò dire qualche cosa in confuso, ma per quanto posso e per fare la santa ubbidienza che così vuole m'ingegnerò di dire per quanto mi è possibile.
Ricordo che fin dal principio di questo stare continuamente nel letto, il mio Amante Gesù spesso spesso si faceva vedere, ciò che non aveva fatto per lo passato. Fin dal principio mi disse che voleva che prendessi un nuovo sistema di vita per dispormi a quel mistico sposalizio promessomi.
Mi diceva: «Diletta del mio cuore, ti ho messa in questo stato, acciò [Io] potessi più liberamente venire e conversare con te. Vedi, ti ho liberata da tutte le occupazioni esterne acciocché non solo l'anima, ma anche il corpo stesse a mia disposizione, e così [tu] potessi stare in continuo olocausto innanzi a me. Vedi, se non ti avessi tirata in questo letto, dovendo tu disimpegnare i doveri di famiglia e [as]soggettarti ad altri sacrifici, non potevo Io venire così spesso e farti partecipe delle offese che ricevo, al più dovrei aspettare quando tu compivi i tuoi doveri. Ma adesso no, siamo rimasti liberi, non c'è più nessuno che ci molesti e che rompa la nostra conversazione; d'ora innanzi le mie afflizioni saranno tue, e mie le tue; i miei patimenti tuoi, e miei i tuoi; le mie consolazioni tue, e mie le tue; uniremo tutte le cose insieme e tu prenderai interesse delle cose mie come se fossero tue, e così farò Io delle tue. Non più tra noi due ci starà: questo è mio e questo è tuo, ma tutto sarà comune d'ambe le parti.
Sai come ho fatto con te? Come un re quando vuole parlare colla sua regina sposa e questa si trova colle altre dame in altri affari. Il re, che fa: se la prende e se la porta dentro la sua stanza, si chiudono la porta, acciò nessuno possa andare a rompere la loro conversazione e sentire i loro segreti; così, stando soli, si comunicano a vicenda le loro consolazioni e loro afflizioni.
Ora, se qualcheduno imprudente andasse a bussare, strillare dietro la porta e non li lasciasse in pace godere la loro conversazione, il re non lo avrebbe a male? Così ho fatto Io per te, e così pure mi dispiacerebbe se qualcuno ti volesse distogliere da questo stato».
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta