capitolo (34)
Dopo che passai qualche tempo in questo stato detto di sopra, cioè circa sei o sette mesi, le sofferenze si accrebbero di più, tanto che fui costretta a starmene nel letto. Spesso si moltiplicava quello stato di perdere i sensi, quasi che non avevo neppure un'ora libera; mi ridussi ad uno stato di estrema debolezza, la bocca si strinse in modo che non la potevo aprire affatto, ed in qualche momento libero che avevo, appena qualche goccia di qualche bevanda potevo prendere, se pure mi riusciva, e poi ero costretta a rimetterla per i continui vomiti (che ho avuto sempre). Dopo che stetti circa diciotto giorni in questo stato continuo, si mandò a chiamare il confessore per confessarmi. Quando venne il confessore mi trovò in quello stato d'assopimento. Quando mi riebbi, mi domandò che cosa avessi; gli dissi solamente (tacendo tutto il resto, e siccome allora continuavano gli strapazzi dei demoni e le visite di Nostro Signore): «Padre, è il demonio». Lui mi disse: «Non aver paura, che non è il demonio, e se è lui, il padre ti libera».
Così, dandomi l'ubbidienza e segnandomi con la croce ed aiutandomi a sciogliere le braccia, ché mi sentivo tutto il corpo impietrito come se fosse divenuto tutto un pezzo, gli riuscì di restituirmi il moto alle braccia [e] di farmi aprire la bocca che prima era divenuta immobile a tutto. Questo io l'attribuii alla santità del mio confessore, che veramente era un santo sacerdote; e lo tenni quasi per un miracolo, tanto che dicevo fra me stessa: «Vedi, ero preparata a morire».
Ché in realtà mi sentivo male, e se avessi durato quello stato io credo che lasciavo la vita. Sebbene ricordo che ero rassegnata e che quando mi vidi libera provavo un certo rincrescimento che non ero morta.
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta