capitolo (26)
Quindi questo duro cimento, sebbene non ricordo tanto bene, durò da tre anni; ma però aveva i giorni, le settimane d'intervallo; non che cessarono del tutto, ma s'incominciarono a mitigare.
Ricordo che dopo una comunione, il Signore m'insegnò il modo come dovevo fare per metterli in fuga, ed era: il disprezzarli e non curarli affatto, e che, dovevo farne quel conto come se fossero tante formiche. Mi sentii infondere tanta forza che non mi sentivo più quel timore di prima. E facevo così: quando facevano strepiti, rumore, gli dicevo: «Si vede che non avete che fare e che per passare il tempo state facendo tante sciocchezze; fate, fate, che poi quando vi stancherete la finite». Delle volte cessavano, altre volte tanto si arrabbiavano e facevano più forti rumori. Me li sentivo vicino facendosi più forti e violenza di dovermi portare, sentivo la puzza orribile, il calore del fuoco. È vero che nel mio interno sentivo un certo brivido, ma mi facevo forza, gli dicevo: «Bugiardi che siete! Se ciò fosse vero, dal primo giorno l'avreste fatto, ma siccome è falso, e che non avete nessuno potere su di me se non quello che vi viene dato dall'alto, perciò canta e canta e poi, quando ti stancherai creperai!». Se poi facevano lamenti e gridi, gli dicevo: «Che? Non avete avuto a conti oggi? O sia: Vi si è stata tolta qualche anima che vi lamentate? Poveretti, non si sentono bene, ma però voglio pur'io farvi lamentarvi un altro poco!».
E mi mettevo a pregare per [i] peccatori oppure a fare atti di riparazione. Delle volte me la ridevo quando incominciavano a fare le solite cose e gli dicevo: «Come posso temervi, razze vili? Se foste esseri seri non avreste fatto tante sciocchezze! Voi stessi non vi vergognate, non vi fate prendere a burla?». Se poi mi tentavano di bestemmie o di odio contro di Dio, gli offrivo quella pena amarissima, quella forza che mi facevo, ché mentre vedevo che il Signore meritava tutto l'amore, tutte le lodi ed io ero costretta a fare il contrario, in riparazione di tanti che lo bestemmiano liberamente e che neppure si ricordano che esiste un Dio, che sono obbligati a riamarlo. Se mi incitavano a disperazione, nel mio interno dicevo: «Non mi curo né del Paradiso né dell'inferno, quel che mi preme è di amare il mio Dio! Questo non è tempo di pensare ad altro, anzi è tempo d'amare quanto più posso il mio buon Dio, il Paradiso e l'inferno lo rimetto nelle sue mani, lui che è tanto buono mi darà quel che a me più conviene e mi darà un luogo dove posso più glorificarlo!».
M'insegnò, Gesù Cristo, che il mezzo più efficace per fare che l'anima restasse libera da ogni vana apprensione, d'ogni dubbio, d'ogni timore: era il protestare innanzi al cielo, alla terra ed agli stessi demoni, di non voler offendere Dio, anche a costo della propria vita, di non voler [ac] consentire a qualunque tentazione del demonio. E questo appena che l'anima avverte che viene la tentazione, se può nell'atto della battaglia, ed appena che s'incomincia a sentire libera, ed anche tra il corso del giorno. Facendo così, l'anima non perderà tempo a pensare se sia o no acconsentito, ché il solo ricordarsi della protesta, già le restituirà la calma; e se il demonio cercherà d'inquietarla, potrà rispondergli che: se aveva intenzione d'offendere Iddio, non si protestava il contrario; e così resterà salva d'ogni timore. Ora, chi può dire la rabbia del demonio, che tutte le sue astuzie riuscivano a sua confusione, e dove credeva di guadagnare ci perdeva, e che delle sue stesse tentazioni ed artifizi, l'anima se ne serviva come poter fare atti di riparazione ed amore al suo Dio, facendo in questo modo?
L'altro modo che m'insegnò nello scacciare le tentazioni era il seguente. Se mi tentavano di suicidio io dovevo rispondere: «Non ne avete nessun permesso da Dio; anzi, a tuo dispetto voglio vivere per poter più amare il mio Dio». Se poi mi percuotevano e mi battevano, io mi dovevo umiliare, inginocchiarmi e ringraziare il mio Dio ché ciò succedeva, in penitenza dei miei peccati, non solo, ma offrire tutto come atti di riparazione a tutte le offese a Dio che si facevano nel mondo. Finalmente una brutta tentazione, che mi durò poco, fu che al contatto continuo di circa un anno e mezzo di così brutti demoni, io dovessi uscire incinta e partorire poi un piccolo demonio con le corna. La fantasia si allevava così che io mi vedevo innanzi, una confusione orribile, a quel che si sarebbe detto di me per sì brutto avvenimento.
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta