capitolo (17)
D'allora in poi, ricordo, si accese in me tanta brama di patire che non si è smorzata ancora. Ricordo ancora che dopo la comunione Lo pregavo ardentemente che mi concedesse il patire, e lui, delle volte per contentarmi mi pareva che prendesse le spine dalla sua corona, e mi pungeva il cuore; altre volte mi sentivo prendere il cuore tra le sue mani e me lo stringeva tanto forte, che per il dolore mi sentivo perdere i sensi. Quando avverti[vo] che le persone se ne potevano avvertire qualche cosa, e lui disposto a darmi queste pene, subito gli dicevo: «Signore, che fai? Vi prego a darmi il patire, ma che sia nascosto a tutti». Fino ad un tempo mi contentò, ma i miei peccati mi hanno reso indegna di patire nascosta, senza che nessuno se ne avvede[sse]. Ricordo che molte volte dopo la comunione mi diceva: «Non potrai veramente assomigliarti a me se non per mezzo dei patimenti. Finora sono stato insieme con te, ora voglio lasciarti un po' sola, senza farmi sentire. Vedi, finora ti ho portato per mano, insegnandoti e correggendoti di tutto, e tu non hai fatto altro che seguirmi. Adesso voglio che [faccia] da te stessa, ma però, più attenta che prima, pensando che Io ti sto fissamente guardando, solo senza farmi sentire, e che quando ritornerò a farmi sentire verrò, o per premiarti se mi sarai fedele, o per castigarti se mi sarai ingrata...» Rimanevo tanto spaventata ed atterrita a tale intimazione [che] gli dicevo: «Signore, mio Tutto e mia Vita, come potrò sussistere senza di Te. Chi mi darà la forza? Come, dopo che mi hai fatto lasciare tutto, in modo che mi sento come se nessuno esistesse per me, mi vuoi lasciare sola ed abbandonata. Che, Vi siete forse dimenticato quanto sono cattiva e che senza di voi nulla posso?».
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta