Le 24 Ore della Passione di N.S.G.C.
Gesù prende la croce e si avvia al Calvario dove è spogliato
DICIOTTESIMA ORA
dalle 10 alle 11 del mattino
O Signor mio Gesù Cristo, prostrata alla tua divina presenza, supplico l’amorosissimo tuo cuore che voglia ammettermi alla dolorosa meditazione delle 24 ore, in cui per nostro amore tanto volesti patire nel corpo adorabile e nell’anima tua santissima fino alla morte di croce. Deh! dammi aiuto, grazia, amore, profonda compassione e intelligenza dei tuoi patimenti, mentre ora medito la Diciottesima Ora, dalle 10 alle 11 del mattino.
E per quelle che non posso meditare, ti offro la volontà che avrei di farle, e intendo intenzionalmente meditarle in tutte le ore che sono costretta o ad applicarmi ai miei doveri o a dormire.
Accetta, o misericordioso Signore, la mia amorosa intenzione, e fa che sia di profitto per me e per molti come se effettivamente e santamente eseguissi quanto desidererei praticare. Intanto grazie ti rendo, o mio Gesù, che per mezzo della preghiera mi chiami all’unione con te, e per piacerti di più, prendo i tuoi pensieri, la tua lingua, il tuo cuore, e con questo intendo pregare, fondendomi tutta nella tua Volontà e nel tuo amore; e stendendo le braccia per abbracciarti, poggio la mia testa sul tuo cuore ed incomincio.
Mio Gesù, amore insaziabile, vedo che non ti dai pace, sento le tue smanie d’amore, i tuoi dolori; il cuore ti batte forte, ed in ogni palpito sento scoppi, torture, violenze d’amore. E tu, non potendo contenere il fuoco che ti divora, ti affanni, gemi, sospiri, ed in ogni gemito ti sento dire: Croce! Ogni goccia del tuo sangue ripete: Croce! Tutte le tue pene, nelle quali come in un mare interminabile tu nuoti dentro, ripetono fra loro: Croce! E tu esclami:
“O croce diletta e sospirata, tu sola salverai i miei figli, ed Io in te concentro tutto il mio amore”.
Intanto i tuoi nemici ti fanno rientrare nel pretorio, ti tolgono la porpora, volendoti rivestire delle tue vesti. Ma, ahi, quanto dolore! Mi sarebbe più dolce il morire che vederti tanto soffrire! La veste si attacca alla corona e non possono tirarla su; quindi, con crudeltà non mai vista, ti strappano tutto insieme e vesti e corona. Allo strappo crudele molte spine si spezzano e restano infisse nella tua santissima testa; il sangue a ruscelli ti piove, ed è tanto il tuo dolore che tu gemi. Ma i nemici, non curando le tue torture, ti mettono la veste di nuovo, ritornano a metterti la corona, e, premendola fortemente sul tuo capo, le spine giungono negli occhi, nelle orecchie; sicché non c’è parte della tua santissima testa che non senta le trafitture di esse. È tanto il tuo dolore, che vacilli sotto quelle mani crudeli, tremi da capo a piè, tra spasimi atroci stai per morire; e con i tuoi occhi languidi e ripieni di sangue a stento mi guardi, per chiedermi aiuto in tanto dolore.
Mio Gesù, re di dolori, lascia che ti sostenga e ti stringa al mio cuore. Vorrei prendere il fuoco che ti divora per incenerire i tuoi nemici e metterti in salvo, ma tu non vuoi perché le ansie della croce si fanno più ardenti e vuoi su di essa subito immolarti, anche per i tuoi stessi nemici. Ma mentre ti stringo al mio cuore, tu, stringendomi al tuo, mi dici:
“Figlia mia, fammi sfogare il mio amore, ed insieme con me ripara per quelli che fanno il bene e mi disonorano. Questi giudei mi vestono delle mie vesti per screditarmi maggiormente innanzi al popolo, per convincerlo che Io sia un malfattore. Apparentemente l’azione di vestirmi era buona, ma in sé stessa era cattiva. Ah! Quanti fanno opere buone, amministrano sacramenti, li frequentano, con fini umani ed anche cattivi. Ma il bene, fatto malamente, porta alla durezza. Ed Io voglio essere coronato una seconda volta, con dolori più acerbi della prima, per frangere questa durezza e così, con le mie spine, attirarli a me. Ah, figlia mia! Questa seconda coronazione mi è ben più dolorosa. Mi sento la testa come nuotare dentro le spine e, ad ogni movimento che faccio, o urto che mi danno, tante morti crudeli Io subisco. Riparo così la malizia delle offese; riparo per quelli che in qualunque stato di animo si trovano, invece di pensare alla propria santificazione, si dissipano e rigettano la mia grazia, ritornando a darmi spine più pungenti, mentre Io sono costretto a gemere, a piangere con lacrime di sangue e a sospirare la loro salvezza.
Ah, Io faccio di tutto per amarle, e le creature fanno di tutto per offendermi! Almeno tu non lasciarmi solo nelle mie pene e nelle mie riparazioni”.
Straziato mio Bene, con te riparo, con te soffro. Ma vedo che i tuoi nemici ti precipitano dalle scale, il popolo con furore ed ansie ti aspetta; già ti fanno trovare pronta la croce che con tanti sospiri tu cerchi, e tu con amore la guardi e con passo franco ti avvicini ad abbracciarla. Ma prima la baci, e correndoti un brivido di gioia per la tua santissima umanità, con sommo tuo contento ritorni a guardarla e ne misuri la lunghezza e la larghezza. In essa già stabilisci la porzione per tutte le creature; le doti sufficientemente per vincolarle alla Divinità con nodo di sposalizio e renderle eredi del regno dei cieli. Poi non potendo contenere l’amore con cui le ami, ritorni a baciare la croce e le dici:
“Croce adorata, finalmente ti abbraccio! Eri tu il sospiro del mio cuore, il martirio del mio amore; ma tu, o croce, tardasti finora, mentre i miei passi sempre verso di te si dirigevano. Croce santa, eri tu meta dei miei desideri, lo scopo della mia esistenza quaggiù. In te concentro tutto l’essere mio, in te metto tutti i miei figli, e tu sarai la loro vita e la loro luce, la difesa, la custodia, la forza; tu li sovverrai in tutto, e gloriosi me li condurrai nel cielo. Oh, croce, cattedra di sapienza! Tu sola insegnerai la vera santità; tu sola formerai gli eroi, gli atleti, i martiri, i santi. Croce bella, tu sei il mio trono, e dovendo Io partire dalla terra, tu rimarrai in vece mia; a te do in dote tutte le anime: custodiscimele, salvamele, a te le affido”.
Così dicendo, ansioso, ti fai mettere la croce sulle tue santissime spalle. Ah, mio Gesù! La croce per il tuo amore è troppo leggera, ma al peso della croce si unisce quello delle nostre colpe, enormi ed immense quanto la distesa dei cieli. E tu, affranto mio Bene, ti senti schiacciare sotto il peso di tante colpe; la tua anima inorridisce alla vista di esse e sente la pena di ogni colpa, la tua santità resta scossa di fronte a tanta bruttezza e perciò, addossando la croce sulle tue spalle, vacilli, affanni, e dalla tua santissima umanità trafila un sudore mortale.
Deh, Amor mio! Non mi regge l’animo di lasciarti solo, voglio dividere insieme con te il peso della croce, e per sollevarti il peso delle colpe mi stringo ai tuoi piedi. Voglio darti, a nome di tutte le creature, amore per chi non ti ama, lodi per chi ti disprezza, benedizioni, ringraziamenti, ubbidienza per tutti. Protesto che in qualunque offesa che riceverai, io intendo offrirti tutta me stessa per ripararti, fare l’atto opposto alle offese che le creature ti fanno e consolarti coi miei baci e continui atti di amore.
Ma vedo che sono troppo misera, ho bisogno di te per poterti riparare davvero. Perciò mi unisco alla tua santissima umanità, ed insieme con te unisco i miei pensieri ai tuoi, per riparare i pensieri cattivi miei e di tutti; i miei occhi ai tuoi, per riparare gli sguardi cattivi; la mia bocca alla tua, per riparare le bestemmie e i discorsi cattivi; il mio cuore al tuo, per riparare le tendenze, i desideri e gli affetti cattivi. In una parola, voglio riparare tutto ciò che ripara la tua santissima umanità, unendomi all’immensità del tuo amore per tutti, ed al bene immenso che fai a tutti.
Ma non son contenta ancora; voglio unirmi alla tua Divinità, e questo mio nulla lo sperdo in essa, e così ti do il Tutto. Ti do il tuo amore per ristorare le tue amarezze; ti do il tuo cuore per ristorarti delle nostre freddezze, incorrispondenze, ingratitudini e poco amore delle creature. Ti do le tue armonie per rinfrancarti l’udito dagli assordamenti che ricevi con le bestemmie. Ti do la tua bellezza per rinfrancarti delle bruttezze delle anime nostre quando ci infanghiamo nella colpa. Ti do la tua purità per rinfrancarti delle mancanze di rettitudine d’intenzione e del fango e del marciume che vedi in tante anime. Ti do la tua immensità per rinfrancarti delle volontarie strettezze in cui si mettono le anime. Ti do il tuo ardore per bruciare tutti i peccati e tutti i cuori, affinché tutti ti amino e nessuno più ti offenda. Insomma ti do tutto ciò che sei tu per darti soddisfazione infinita, amore eterno, immenso ed infinito.
Mio pazientissimo Gesù, vedo che fai i primi passi sotto il peso enorme della croce, ed io unisco i miei passi ai tuoi; e quando tu, debole, svenato e vacillante starai per cadere, io sarò al tuo fianco per sorreggerti, presterò le mie spalle sotto di essa per dividerne insieme con te il peso. Tu non disdegnarmi, ma accettami per tua fedele compagna.
O Gesù, tu mi guardi, e vedo che ripari per quelli che non portano con rassegnazione la propria croce, anzi imprecano, s’irritano, si suicidano e fanno omicidi; e tu impetri a tutti amore e rassegnazione alla propria croce.
Ma è tanto il tuo dolore, che ti senti come stritolare sotto la croce. Sono appena i primi passi che muovi, e già tu cadi sotto di essa, e mentre cadi, urti nelle pietre: le spine si conficcano di più nel tuo capo, mentre tutte le piaghe s’inaspriscono e danno nuovo sangue; e siccome non hai forza per alzarti, i tuoi nemici, irritati, con calci e con spinte cercano di metterti in piedi.
Caduto Amor mio, lascia che ti aiuti a metterti in piedi, ti baci, ti rasciughi il sangue, ed insieme con te ripari per quelli che peccano per ignoranza, per fragilità e debolezza; e ti prego di dare aiuto a queste anime.
Vita mia, Gesù, i tuoi nemici, facendoti soffrire spasimi inauditi, sono giunti a metterti in piedi, e mentre barcollando tu cammini, sento il tuo respiro affannoso. Il tuo cuore batte più forte, e nuove pene te lo trafiggono intensamente; già scuoti la testa per sgombrare i tuoi occhi dal sangue che li riempie e ansioso guardi. Ah, mio Gesù! Ho capito tutto: la tua Mamma che, come gemebonda colomba va in cerca di te, vuol dirti un’ultima parola e ricevere un tuo ultimo sguardo; e tu senti le sue pene, il suo cuore lacerato nel tuo ed intenerito e ferito dal suo e dal tuo amore. Già la scorgi che, spingendosi attraverso la folla, a qualunque costo vuol vederti, abbracciarti e darti l’ultimo addio. Ma tu resti più trafitto nel vedere la sua pallidezza mortale, tutte le tue pene per forza di amore riprodotte in lei; se essa vive, è solo miracolo della tua onnipotenza. Già tu muovi i passi incontro ai suoi, ma a stento vi potete scambiare gli sguardi. Oh, schianto di cuori d’ambo le parti! I soldati avvertono e, con urti e spinte, impediscono che Mamma e Figlio vi diate l’ultimo addio.
È tanta l’ambascia d’entrambi, che la tua Mamma resta impietrita dal dolore e quasi sta per soccombere. Il fedele Giovanni e le pie donne la sorreggono, mentre tu di nuovo cadi sotto la croce. Allora la tua dolente Mamma, ciò che non fa col corpo, perché impedita, lo fa con l’anima: entra in te, fa suo il Volere dell’Eterno e, associandosi in tutte le tue pene, ti fa l’ufficio di mamma, ti bacia, ti ripara, ti lenisce ed in tutte le tue piaghe versa il balsamo del suo doloroso amore.
Mio penante Gesù, anch’io mi unisco con la trafitta Mamma. Faccio mie tutte le tue pene ed in ogni goccia del tuo sangue, in ogni piaga voglio farti da mamma; ed insieme con lei e con te, riparo per tutti gli incontri pericolosi, e per quelli che si espongono alle occasioni di peccare, o, costretti dalla necessità ad esporsi, restano allacciati nel peccato.
Tu intanto gemi, caduto sotto la croce. I soldati temono che tu muoia sotto il peso di tanti martìri e per lo spargimento di tanto sangue. Ciò non pertanto a via di frustate e calci, stentatamente giungono a metterti di nuovo in piedi. Così ripari le ripetute cadute nel peccato, i peccati gravi commessi da ogni classe di persone, e preghi per i peccatori ostinati e piangi con lacrime di sangue per la loro conversione.
Affranto Amor mio, mentre ti seguo nelle riparazioni, vedo che non reggi sotto il peso enorme della croce. Già tremi tutto; le spine, ai continui urti che ricevi, penetrano sempre più dentro la tua santissima testa; la croce per il suo grave peso si addentra nella spalla, tanto da formare una piaga così profonda da scoprire le ossa, e ad ogni passo mi sembra che muori e quindi impossibilitato di andare più avanti. Ma il tuo amore che tutto può, ti dà forza; e come ti senti penetrare la croce nella spalla, ripari per i peccati nascosti che, non essendo riparati, accrescono l’acerbità dei tuoi spasimi. Mio Gesù, lascia che metta la mia spalla sotto la croce per sollevarti, e con te ripari tutti i peccati occulti.
Ma i tuoi nemici, per timore che tu muoia sotto di essa, costringono il Cireneo ad aiutarti a portare la croce, il quale, mal volentieri e brontolando, non per amore ti aiuta, ma per forza. E nel tuo cuore allora fanno eco tutti i lamenti di chi soffre, le mancanze di rassegnazione, le ribellioni, le ire e i disprezzi nel soffrire. Ma molto più resti trafitto nel vedere che le anime a te consacrate, che chiami a compagne ed aiuto nel tuo dolore, ti sfuggono; e se tu le stringi a te col dolore, ah!, esse si svincolano dalle tue braccia per andare in cerca di godimenti, e così lasciano te solo a dolorare.
Mio Gesù, mentre riparo con te, ti prego di stringermi fra le tue braccia, e tanto forte, che non ci sia pena che tu soffra di cui non prenda parte anch’io, per trasformarmi in esse e per rifarti dell’abbandono di tutte le creature.
Affranto mio Gesù, a stento cammini e tutto incurvato. Ma vedo che ti soffermi, e cerchi di guardare. Cuor mio, che c’è, che vuoi? Ah! È la Veronica che nulla temendo, coraggiosamente con un panno ti rasciuga il volto tutto coperto di sangue, e tu ve lo lasci impresso in segno di gradimento. Mio generoso Gesù, anch’io voglio asciugarti, e non con un panno, ma voglio esibire tutta me stessa per sollevarti. Voglio entrare nel tuo interno e darti, o Gesù, palpiti per palpiti, respiri per respiri, affetti per affetti, desideri per desideri. Intendo tuffarmi nella tua santissima intelligenza e, facendo scorrere tutti questi palpiti, respiri, affetti e desideri nell’immensità della tua Volontà, intendo moltiplicarli all’infinito. Voglio, o mio Gesù, formare onde di palpiti per fare che nessun palpito cattivo si ripercuota nel tuo cuore, e così lenire tutte le sue interne amarezze. Intendo formare onde di affetti e di desideri, per allontanare tutti gli affetti e i desideri cattivi che potrebbero menomamente contristare il tuo cuore. Intendo ancora, o mio Gesù, formare onde di respiri e di pensieri, per allontanare qualunque respiro e pensiero che potrebbe menomamente dispiacerti. Starò bene in guardia, o Gesù, affinché nulla più [ti] affligga e aggiunga alle tue pene interne altre amarezze. O mio Gesù, deh! Fa che tutto il mio interno nuoti nell’immensità del tuo; così potrò ritrovare amore sufficiente e Volontà sufficiente per far che non entri nel tuo interno amore cattivo, né volontà che potrebbe dispiacerti. Intanto i nemici, mal vedendo quest’atto della Veronica, ti frustano, ti spingono e ti mettono in via.
Altri pochi passi e ti fermi ancora. Il tuo amore, sotto il peso di tante pene non si arresta e, vedendo le pie donne che piangono per causa delle tue pene, tu dimentichi te stesso e le consoli col dir loro:
“Figlie, non piangete sulle mie pene, ma sopra i peccati vostri e sopra i figli vostri”.
Che insegnamento sublime! Come dolce è la tua parola! O Gesù, con te riparo le mancanze di carità, e ti chiedo grazia di farmi dimenticare me stessa, perché non ricordi altro che te solo.
Ma i tuoi nemici, sentendoti parlare, vanno in furia: ti tirano per le funi, ti spingono con tanta rabbia che ti fanno cadere e, mentre cadi, urti nelle pietre. Il peso della croce ti crucia[1], e tu ti senti morire. Lascia che ti sostenga e faccia riparo con le mie mani al tuo santissimo volto. Vedo che tocchi la terra e boccheggi nel sangue. Ma i tuoi nemici ti vogliono mettere in piedi: ti tirano con le funi, ti alzano per i capelli, ti danno calci, ma tutto invano. Tu muori, mio Gesù! Che pena! Mi si spezza il cuore per il dolore! E quasi trascinandoti, ti conducono al monte Calvario. Mentre ti trascinano, sento che ripari tutte le offese delle anime a te consacrate, che ti danno tanto peso che, per quanto tu ti sforzi per alzarti, ti riesce inutile. E così trascinato e calpestato, giungi al Calvario, lasciando da dove passi, rossa traccia del tuo sangue prezioso.
Ma qui nuovi dolori ti aspettano: ti spogliano di nuovo e ti strappano vesti e corona di spine. Ah! Tu gemi nel sentire strappare da dentro la tua testa le spine. E mentre ti strappano la veste, ti strappano pure le carni lacere attaccate ad essa. Le piaghe si squarciano, il sangue a rivi scorre fino a terra, ed è tanto il dolore, che, quasi morto, tu cadi.
Ma nessuno si muove a compassione di te, mio Bene. Anzi con bestiale furore di nuovo ti mettono la corona di spine, te la battono ben bene, ed è tanto lo strazio per i laceramenti e per lo strappo che fanno ai tuoi capelli ammassati nel sangue coagulato, che solo gli angeli potrebbero dire ciò che tu soffri, mentre, inorriditi, ritorcono i loro sguardi celesti e piangono.
Spogliato mio Gesù, permettimi che ti stringa al mio cuore per riscaldarti, perché vedo che tremi, ed un sudore gelido di morte invade la tua santissima umanità. Quanto vorrei darti la mia vita, il mio sangue per sostituire il tuo, che hai perduto per darmi vita.
Gesù intanto, quasi guardandomi con i suoi occhi languidi e moribondi, par che mi dica:
“Figlia mia, quanto mi costano le anime! Qui è il luogo dove tutti aspetto per salvarli, dove voglio riparare i peccati di quelli che giungono a degradarsi al di sotto delle bestie, e si ostinano tanto nell’offendermi, che giungono a non saper vivere senza fare peccati. La loro ragione resta cieca e peccano all’impazzata; ecco perché una terza volta mi coronano di spine. E con lo spogliarmi, riparo per quelli che indossano vesti di lusso e indecenti, per i peccati contro la modestia, e per quelli che sono tanto legati alle ricchezze, agli onori, ai piaceri, che ne formano un dio per i loro cuori.
Ah, sì!, ognuna di queste offese è una morte che sento e, se non muoio, è perché il Volere dell’Eterno mio Padre non ha decretato ancora il momento della mia morte”.
Denudato mio Bene, mentre con te riparo, ti prego di spogliarmi di tutto con le tue santissime mani, e non permettere che nessun affetto cattivo entri nel mio cuore; tu vigilamelo, circondamelo con le tue pene, riempimelo del tuo amore. La mia vita non sia altro che la ripetizione della tua, e rafferma con la tua benedizione il mio spogliamento. Benedicimi di cuore e dammi la forza d’assistere alla tua dolorosa crocifissione, per rimanere crocifissa insieme a te.
[1] Ti tormenta
Gesù porta la croce. L’amore di Gesù alla croce, il suo ansioso ardore di morire sulla stessa per salvare le anime, sono immensi. E noi, amiamo come Gesù il patire? Possiamo dire che i nostri palpiti fanno eco ai suoi palpiti divini, e che anche noi chiediamo la nostra croce?
Quando soffriamo, abbiamo noi l’intenzione di farci compagni a Gesù, per alleggerirgli il peso della sua croce? Come lo accompagniamo? E negli insulti che riceve, siamo sempre pronti a dargli il nostro piccolo patire per sollievo delle sue pene?
Nell’operare, nel pregare, e quando sotto il peso di pene interne sentiamo lo stento nel nostro patire, facciamo volare la nostra pena a Gesù, che come velo, asciugandogli i sudori, lo rinfranchi, facendo nostro il suo stento?
O mio Gesù, chiamami sempre a te vicino, e fa che tu sia sempre presso di me, perché ti conforti sempre con le mie pene.
Mio amabile Gesù, tu mi hai chiamata in quest’Ora della tua passione a tenerti compagnia, ed io son venuta. Mi parve di vederti angosciato e dolente, pregare, riparare e patire, e con le voci le più tenere ed eloquenti perorare la salvezza delle anime. Ho cercato di seguirti in tutto e ora, dovendoti lasciare per le mie solite occupazioni, sento il dovere di dirti un Grazie e un Ti benedico.
Sì, o Gesù, Grazie ti ripeto le mille e mille volte, e ti lodo e benedico per tutto ciò che hai fatto e patito per me e per tutti. Grazie e Ti benedico per ogni goccia di sangue che hai versato, per ogni tuo respiro, palpito, passo, parola, sguardo, e per ogni amarezza e offesa che hai sopportato. Per tutto, o mio Gesù, intendo segnarti con un Grazie e un Ti benedico.
Deh, o Gesù, fa che tutto il mio essere ti mandi un flusso continuo di ringraziamenti e benedizioni, in modo da attirare su di me e su tutti il flusso delle tue grazie e benedizioni!
Deh, o Gesù, stringimi al tuo cuore colle tue santissime mani e segna tutte le particelle del mio essere col tuo Ti benedico, per fare che da me altro non possa uscire che un inno continuo verso di te! Perciò mi lascio in te, per seguirti in ciò che farai; anzi opererai tu stesso per me. Ed io, fin d’ora, lascio i miei pensieri in te per difenderti dai tuoi nemici, il respiro per corteggio e compagnia, il palpito per dirti sempre Ti amo e a rifarti dell’amore che non ti danno gli altri; le gocce del mio sangue a ripararti e a restituirti gli onori e la stima che ti tolgono i tuoi nemici con gl’insulti, sputi e schiaffi, e tutto il mio essere per guardia.
Dolce mio Amore, sebbene debbo attendere alle mie occupazioni, resto nel tuo cuore; ho paura d’uscirne. Tu mi terrai in te, non è vero? I nostri palpiti si intenderanno a vicenda e si confonderanno insieme in modo da darmi vita, amore, stretta unione inseparabile con te. Mio Gesù, se vedi che sto per sfuggirti, il tuo palpito si acceleri nel mio, le tue mani mi stringano più forte al tuo cuore, i tuoi occhi mi guardino e mi gettino saette di fuoco, affinché io, sentendoti, mi lasci subito tirare all'unione con te.
Deh, mio Gesù! Dammi il bacio del divino amore, abbracciami e benedicimi; io ti bacio nel dolcissimo tuo cuore, e mi resto in te.
fonte audio: www.donleonardomariapompei.it