Meditazioni sul 1° Volume del Libro di Cielo
33. La potenza della speranza e lo splendore della carità
[AUDIO] Meditazione sul 1° volume
capitoli 59, 60 e 61
Gesù intesse l'elogio della speranza, importantissima e fondamentale virtù teologale, che dispone profondamente l'anima all'unione con Dio e al dono della Divina Volontà.
La regina di tutte le virtù è la Carità, che porta immediatamente e totalmente all'unione con Dio, a condizione che ci sia il distacco assoluto da tutto e da tutti.
Volume 1 - Capitolo 59
La speranza rende l'anima bella e stabile
«La Speranza - diceva Gesù - somministra all'anima una veste di fortezza, quasi di ferro, in modo che tutti i nemici coi loro strali non possono ferirla, non solo, ma neppure apportare il minimo disturbo. Tutto è tranquillità in lei, tutto è pace. Oh! è bello vedere quest'anima investita della bella Speranza, tutta appoggiata al suo Diletto, tutta diffidente di sé e tutta confidente in Dio. Disfida i nemici più fieri, è regina delle sue passioni, regola tutto il suo interno, le sue inclinazioni, i desideri, i palpiti, i pensieri con una maestria tale, che Gesù stesso ne resta innamorato perché vede che quest'anima opera con tale coraggio e fortezza; ma questa l'attinge e lo spera tutto da lui, tanto che Gesù vedendo questa ferma Speranza niente sa negare a quest'anima».
Ora, mentre Gesù parlava della Speranza, si ritirava un poco, lasciandomi una luce nell'intelletto. Chi può dire ciò che comprendevo sulla Speranza. Se le altre virtù, tutte servono ad abbellire l'anima, ma ci possono far vacillare e renderci incostanti; invece la Speranza rende l'anima ferma e stabile, come quei monti alti che non si possono muovere un tantino.
A me sembra che [al]l'anima investita dalla Speranza, succede come a certi monti altissimi, che tutte le intemperie dell'aria non gli possono recare nessun nocumento sopra di questi monti; non penetra né neve, né venti, né caldo, qualunque cosa vi si potrebbe mettere sopra, si può star sicuro, ancorché passassero cent'anni, che là dove si mette, là si trova. Tale è appunto l'anima vestita dalla Speranza, nessuna cosa le può nuocere: né la tribolazione, né la povertà, né tutti i vari accidenti della vita, la sgomentano un istante. Dice fra sé: «Io tutto posso operare, tutto posso sopportare, tutto soffrire sperando in Gesù che forma l'oggetto di tutte le mie speranze».
La Speranza rende l'anima quasi onnipotente, invincibile e somministra all'anima la perseveranza finale, tanto che, allora cessa di sperare e di perseverare, quando ha preso possesso del regno del cielo; allora depone la Speranza e tutta si tuffa nell'oceano immenso dell'amore divino.
Volume 1 - Capitolo 60
La carità fa amare
Mentre l'anima mia si perdeva nel mare immenso della Speranza, il mio diletto Gesù ritornava e parlava della Carità, dicendomi: «Alla Fede ed alla Speranza sottentra la Carità, e questa congiunge tutto il resto insieme delle altre due, in modo da formarne una sola, mentre sono tre. Eccoti, o sposa mia, adombrata nelle tre virtù teologali la Trinità delle Divine Persone».
Poi proseguì: «Se la Fede fa credere, la Speranza fa sperare, la Carità fa amare. Se la Fede è luce e serve di vista all'anima, la Speranza, che è l'alimento della Fede, somministra all'anima il coraggio, la pace, la perseveranza e tutto il resto. La Carità, che è la sostanza di questa luce e di questo alimento, è come quell'unguento dolcissimo e odorosissimo che penetrando dappertutto, lenisce, raddolcisce le pene della vita. La Carità rende dolce il patire e fa giungere anche a desiderarlo. L'anima che possiede la Carità spande odore dappertutto, le sue opere, fatte tutte per amore, danno un odore graditissimo, e qual'è questo odore? È l'odore di Dio stesso. Le altre virtù rendono l'anima solitaria e quasi rustica con le creature; la Carità invece, essendo sostanza che unisce, unisce i cuori, ma dove? In Dio. La Carità essendo unguento odorosissimo si spande dappertutto e con tutti. La Carità fa soffrire con gioia i più spietati tormenti, e giunge a non saper stare senza il patire, e quando se ne vede priva dice al suo Sposo Gesù: - Sostenetemi coi frutti, qual'è il patire, perché languisco d'amore, e dove altro posso mostrarti il mio amore (se non) che nel patire per Te? -. La Carità brucia, consuma tutte le altre cose, ed anche le stesse virtù, e converte tutte in sé. Insomma, è qual regina che vuol regnare dappertutto, e che non vuol cederla a nessuno.
La più grande disgrazia è il non patire
Chi può dire quello che rimase dietro questo parlare di Gesù? Dico solo che si accese in me tale brama di patire, non solo brama, ma mi sento in me come un'infusione, come una cosa naturale, tanto che per me ritengo che la più grande disgrazia è il non patire.
Dopo ciò, quella mattina, Gesù per disporre il mio cuore maggiormente, parlò sull'annientamento di me stessa; disse pure sul desiderio grandissimo che dovevo eccitarmi per dispormi a ricevere la grazia. mi diceva che il desiderio supplisce ai mancamenti ed imperfezioni che ci possono essere nell'anima, è come un ammanto che copre tutto. Ma questo non era un parlare semplicemente, era un infondere in me ciò che diceva.