[AUDIO] Meditazione sul 1° volume

capitoli 48 e 49

 

Gesù mostra a Luisa le sofferenze immense che gli arrecano i peccati degli uomini e le chiede di consolarla condividendone le amarezze espresse attraverso simboli (reali) molto forti.

Luisa si offre e Gesù ne resta molto consolato.




Volume 1 - Capitolo 48

Fatemi parte delle vostre pene.

Ora, mentre vedevo Gesù nell'aspetto già detto, dalla sua bocca mi mandò un alito che m'investì tutta l'anima, e mi pareva che Gesù mi tirava con quell'alito dietro di sé; e m'incominciai a sentirmi uscire l'anima dal corpo: proprio me la sentivo uscire da tutte le parti, dalla testa, dalle mani e fin dai piedi. Essendo la prima volta che mi succedeva, dentro di me incominciai a dire: «Adesso muoio, il Signore mi è venuto a prendere».

Quando mi vidi uscita dal corpo, l'anima teneva la stessa sensazione del corpo, con questa differenza, che il corpo contiene carne, nervi ed ossa, l'anima no, è un corpo di luce; quindi io mi sentivo un timore, ma Gesù continuava a mandarmi quell'alito e mi disse: «Se tanto ti dà pena l'essere priva di me, adesso vieni insieme con me, ché voglio consolarti». E così Gesù prese il suo volo, ed io presi il mio appresso a lui; girammo per tutta la volta del cielo. Oh! quanto era bello passeggiare insieme con Gesù. Ora appoggiavo la testa sopra la sua spalla e con un braccio da dietro le spalle e l'altro mano in mano, ora s'appoggiava Gesù a me.

Quando si giungeva in certi luoghi dove l'iniquità più inondava, oh, quanto soffriva il mio buon Gesù! Io vedevo con più chiarezza le sofferenze del suo cuore adorabile, lo vedevo venire quasi svenuto; gli dicevo: «Appoggiatevi a me, e fatemi parte delle vostre pene, ché non mi regge l'anima vedervi solo soffrire».

E Gesù mi diceva: «Diletta mia, aiutami, ché più non posso». E mentre così diceva, avvicinava le sue labbra alle mie e versava un'amarezza tale da sentirmi pene mortali; e quando sentivo entrare in me quel liquore così amarissimo mi sentivo entrare come tanti coltelli, punture, saette che mi penetravano a parte a parte; insomma, in tutte le mie membra si formava uno strazio atroce e, tornando l'anima al corpo, gli partecipava queste sofferenze al corpo. Chi può dirne le pene, Gesù stesso, che ne era testimone, perché gli altri non potevano mitigare le mie pene, stando [io] in quello stato di perdimento dei sensi, e s'aspettava quando stava comodo al confessore, ché anche all'ubbidienza si mitigavano.

Quindi, solo Gesù mi poteva aiutare quando vedeva che la natura non [ne] poteva più e che giungeva proprio agli estremi che non mi lasciava che dare l'ultimo respiro. (Oh! quante volte la morte si è burlata di me, ma verrà un giorno che io mi burlerò di lei). Allora veniva Gesù, mi prendeva fra le sue braccia, m'avvicinava al suo cuore e oh, come mi sentivo ritornare la vita; poi, dalle sue labbra versava un liquore dolcissimo, e così si mitigavano le pene.

 


Volume 1 - Capitolo 49

Oh, quanto è brutto il peccato! Ah! Signore, fatelo conoscere a tutti, affinché tutti fuggano da questo mostro sì orribile.

Altre volte, mentre mi portava insieme con lui girando, s'erano peccati di bestemmie, contro la carità ed altri, versava quell'amaro velenoso; se poi erano peccati di disonestà, versava una cosa di marciume puzzolente e, quando ritornavo in me stessa, la sentivo tanto bene quella puzza ed era tanto il fetore, che mi toccava lo stomaco e mi sentivo venir meno; e delle volte prendendo il cibo e dopo, quando lo rovesciavo, mi sentivo uscire dalla bocca quel marciume misto col cibo.

Qualche volta, poi, mi portava nelle chiese, ed anche là il mio buon Gesù era offeso. Oh, come giungevano male al suo cuore quelle opere sante, sì, ma strapazzatamente fatte, quelle orazioni vuote di spirito interno, quella pietà finta, apparente, solamente pareva che faceva più insulto a Gesù che onore. Ah! sì, quel cuore santo, puro, retto, non poteva ricevere quelle opere così mal fatte. Oh! quante volte si è lamentato dicendo: «Figlia, anche dalla gente che si dice devota, vedi, quante offese mi fanno, anche nei luoghi più santi, nel ricevere gli stessi sacramenti. Invece d'uscirne purificati, ne escono più imbrattate...».

Ah! sì, quanta pena faceva a Gesù vedere gente che si comunicavo sacrilegamente, sacerdoti che celebravano il santo sacrifizio della messa in peccato mortale, per abitudine, e cert'uno, orrore a dirlo, per fin d'interesse!

Oh! quante volte il mio Gesù mi ha fatto vedere queste scene sì dolorose. Quante volte mentre il sacerdote celebrava il sacrosanto mistero e Gesù costretto ad andarvi, perché chiamato dalla potestà sacerdotale, nelle loro mani, [e] si vedevano quelle mani che stillavano marciume, sangue, oppure imbrattate di fango. Oh! come era compassionevole allora lo stato di Gesù, sì santo, sì puro, in quelle mani che facevano orrore solo a mirarle.

Pareva che voleva fuggire da mezzo a quelle mani, ma era costretto a starvi finché si consumavano le specie del pane e del vino.

Delle volte, mentre rimaneva là, col sacerdote, se ne veniva frettoloso alla volta mia, e tutto si lamentava, e prima che io lo dicessi, lui stesso me lo diceva: «Figlia, fammi versare in te, ché più non posso; abbi compassione del mio stato che è troppo doloroso, abbi pazienza, soffriamo insieme», e mentre ciò diceva versava dalla sua bocca nella mia; ma chi può dire ciò che versava. Pareva un veleno amaro, un marciume fetente, misto con un cibo tanto duro e stomachevole e nauseante, che delle volte non andava a basso.

Chi può dire poi, le sofferenze che produceva questo versare di Gesù. Se lui stesso non mi avesse sostenuta, certo sarei lasciata vittima. Eppure a me non versava che la minima parte, che sarà di Gesù che ne conteneva tanto e tanto? Oh, quanto è brutto il peccato! Ah! Signore, fatelo conoscere a tutti, affinché tutti fuggano da questo mostro sì orribile!