[AUDIO] Meditazione sul 1° volume
capitoli 30 e 31
Gesù dona a Luisa la sua corona di spine, per riparare i peccati di superbia e consolare il suo cuore.
Il necessario nascondimento con cui devono essere vissuti sia i doni straordinari che l'esercizio delle virtù ordinarie.
Volume 1 - Capitolo 30
“Nostro Signore si tolse la corona si avvicinò a me e mi domandò se l'accettavo”.
Pochi giorni dopo del detto di sopra, mi sentii un'altra [volta] perdere i sensi. (Ricordo che in principio ogni qual volta mi sentivo venire un tale stato, credevo di dover lasciare la vita) mentre perdetti i sensi si fece vedere un'altra volta Nostro Signore con la corona di spine in testa, tutto grondante Sangue, ed a me rivolto disse: «Figlia, vedi un po' ciò che mi fanno gli uomini. In questi tristi tempi è tanta la loro superbia che ne hanno infestato tutta l'aria, ed è tanta la puzza che da per ogni dove si sparge, che è giunta fino innanzi al mio trono nell'Empireo. Fanno in modo che loro stessi si chiudono il cielo. I miseri non hanno occhi per conoscere la verità, perché offuscati dal peccato della superbia col seguito degli altri vizi che portano con sé. Deh, dammi un sollievo a tanti acerbi spasimi ed una riparazione a tanti torti che mi si fanno!».
Ed in così dire si tolse la corona, che non pareva corona ma tutto un pezzo, in modo che neppure una minima particella della testa restava libera, ma tutta veniva trapassata da quelle spine. Mentre si tolse la corona si avvicinò a me e mi domandò se l'accettavo. Io mi sentivo tanto annichilita, provavo tali pene delle offese che si fanno che mi sentivo spezzare il cuore; gli dissi: «Signore, fa' di me ciò che vuoi». E così la prese e me la conficcò sulla mia testa e disparve.
Ora, chi può dire gli spasimi che provai nel ritornare in me stessa. Ad ogni movimento del capo credevo di spirare, tanti erano i dolori, le punture che sentivo nella testa, negli occhi, orecchie, dietro alla nuca; quelle spine me le sentivo penetrare fino nella bocca e [questa] si stringeva in modo che non potevo aprirla per prendere il cibo, e stavo quando due e quando tre giorni senza poter prendere niente. Quando si mitigavano in qualche modo, mi sentivo una mano sensibile che mi premeva il capo e mi rinnovava le pene, e delle volte erano tanti gli spasimi che per il dolore perdevo i sensi.
Da principio questo succedeva certi giorni sì, certi no; quando si replicavano tre, quattro volte al giorno, quando duravano un quarto, quando mezza ora, e quando un'ora e poi restavo libera; solo che mi sentivo molto debole e sofferente: a misura che in quello stato d'assopimento mi erano state comunicate le pene, così restavo più o meno sofferente.
Ricordo ancora che siccome certe volte per le sofferenze della testa, come ho detto di sopra, non potevo aprire la bocca per prender il cibo, e siccome la famiglia sapeva che non ci avevo tanta voglia di stare in campagna, quindi, quando vedevano che non mangiavo, me l'attribuivano a capriccio, e naturalmente s'irritavano, s'inquietavano e mi motteggiavano. La natura voleva risentirsi di questo, perché vedevo che non era vero ciò che loro dicevano, ma il Signore non voleva questo risentimento; ed ecco come successe.
Volume 1 - Capitolo 31
Sofferenze da parte della famiglia. Sommo timore e ripugnanza di Luisa che gli altri possano accorgersi delle sue sofferenze e di quanto le accade.
Una sera, mentre si stava a tavola, ed io in questo stato di non poter aprire la bocca, la famiglia s'incominciò ad inquietare. Io lo sentivo tanto che incominciai a piangere, e per non essere vista m'alzai e me ne andai ad un'altra parte seguitando a piangere, e pregavo Gesù Cristo e la Vergine Santissima che mi desse[ro] aiuto e forza a sopportare questo cimento. Ma mentre ciò facevo mi sentii incominciare a perdere i sensi. Oh! Dio, che pena il solo pensare che mi doveva vedere la famiglia, ché fino allora non se ne era avvertita. In questo mentre: «Signore, gli dicevo, non permettete che mi veggano». Ed io avevo tale vergogna d'essere vista che non so dire il perché, e cercavo quanto più potevo di nascondermi in luoghi dove non potevo essere veduta; quando poi ero sorpresa all'improvviso, in modo che non avevo tempo di nascondermi o almeno d'inginocchiarmi (ché come mi trovavo, in quella posizione restavo) e potevano dire che stavo a pregare, allora poi ero scoperta.
Mentre perdetti i sensi si fece vedere Nostro Signore in mezzo a tanti nemici che gli recavano ogni sorta d'insulto; specialmente lo pigliavano e lo calpestavano sotto dei piedi, lo bestemmiavano, gli tiravano i capelli. Mi pareva che il mio buon Gesù voleva fuggire da sotto quelle fetide piante, ed andava guardando, chissà potesse trovare una mano amica che lo avesse liberato, ma non trovava nessuno. Mentre ciò vedevo, io non facevo altro che piangere sulle pene del mio Signore; avrei voluto andare in mezzo a quei nemici, chissà potessi liberarlo, ma non ardivo. Gli dicevo: «Signore, fatemi parte delle vostre pene. Deh! potessi sollevarvi e liberarvi». Mentre ciò dicevo, quei nemici, come se avessero inteso, se ne venivano contro di me, ma tanto arrabbiati, ed incominciarono a percuotermi, a tirarmi i capelli, a calpestarmi. Io avevo tale timore, soffrivo, sì, ma dentro di me ero contenta ché vedevo dare al Signore un po' di tregua.