Sentivo tale compassione per le offese che Gesù riceve e per tante povere creature che hanno la sventura d’offenderlo, che vorrei affrontare qualunque pena per impedire la colpa, e pregavo e riparavo di cuore. In questo mentre il benedetto Gesù è venuto, e pareva che portava le stesse ferite del mio cuore, ma oh, quanto più larghe! E mi ha detto:
“Figlia mia, la mia Divinità nel mettere fuori la creatura, restò come ferita dallo stesso mio amore per amore verso di essa, e questa ferita mi fece scendere dal Cielo in terra, e piangere e versare sangue e tutto ciò che feci.
Ora l’anima che vive nella mia Volontà sente al vivo questa mia ferita come se fosse sua, e piange e prega e vorrebbe soffrire tutto per mettere in salvo la povera creatura e ché questa mia ferita d’amore non fosse inasprita dalle offese delle creature. Ah, figlia mia, queste lacrime, preghiere, pene, riparazioni, raddolciranno la mia ferita, e scendono sul mio petto come fulgide gemme, che mi glorio di tenerle sul mio petto per mostrarle a mio Padre per inchinarlo a pietà verso le creature.
Sicché tra loro e me scende e sale una vena divina, che va consumando loro il sangue umano, e quanto più prendono parte alla mia ferita, alla mia stessa vita, tanto più questa vena divina si allarga, si allarga tanto da rendersi essi altrettanti Cristi. Ed io vo ripetendo al Padre: ‘Io sto nel Cielo, ma ci sono gli altri Cristi sulla terra che sono feriti dalla mia stessa ferita, che piangono come me, che soffrono, che pregano, ecc.; quindi dobbiamo versare sulla terra le nostre misericordie’. Ah, solo questi che vivono nel mio Volere, che prendono parte alla mia ferita, mi rassomigliano in terra e mi rassomiglieranno in Cielo col prendere parte alla stessa gloria della mia Umanità”.
(Libro di Cielo 11° Volume - 11 novembre 1915)