Questa mattina il mio dolce Gesù non mi ha fatto tanto aspettare; è venuto, ma affannato, smanioso, e gettandosi nelle mie braccia mi ha detto:
“Figlia mia, dammi riposo, fammi sfogare in amore. Se la giustizia vuole il suo sfogo, può sfogarsi con tutte le creature, il mio amore invece può sfogarsi solo con chi mi ama, con chi è ferito dallo stesso mio amore e delirando va trovando sfogo nel mio amore chiedendomi altro amore. E se il mio amore non trovasse una creatura che mi facesse sfogare, la mia giustizia si accenderebbe di più e darebbe l’ultimo colpo per distruggere le povere creature”.
E mentre ciò diceva mi baciava, ritornava a baciarmi, mi diceva:
“Ti amo, ma d’un amore eterno; ti amo, ma d’amore immenso; ti amo, ma d’un amore a te incomprensibile; ti amo d’un amore che non avrà mai limiti né fine; ti amo d’un amore che mai potrai eguagliarmi”.
Ma chi può dire tutti i titoli con i quali Gesù diceva d’amarmi? E ad ogni motto che diceva attendeva la mia risposta; io non sapendo che dirgli né avendo motti sufficienti per rendergli la pariglia, gli ho detto: “Vita mia, tu sai che non ho nulla, e tutto ciò che faccio lo prendo da te e poi lo lascio in te di nuovo, per fare che le cose mie stando in te abbiano continua attitudine e vita in te, ed io rimango sempre nulla. Perciò prendo il tuo amore e lo faccio mio, e ti dico: “Ti amo d’un amore eterno, immenso, d’un amore che non ha limiti né fine e che è eguale al tuo”. E me lo baciavo e ribaciavo, e come andavo ripetendo: “Ti amo”, così Gesù si quietava e prendeva riposo, ed è scomparso.
(Libro di Cielo 11° Volume - 1 novembre 1915)