“O Gesù, cuor mio, vita mia e tutto mio, come si può conoscere se si ama voi solo o anche altri?”
“Figlia mia, se l’anima è tutta piena di me fino all'orlo, fino a sovrabbondare fuori, cioè non pensa, non cerca, non parla, non ama che me solo, tutto il resto pare che non esista per lei, anzi il resto la annoia, l'infastidisce, al più cede la feccia e l’ultimo posto a ciò che non è Dio, come fosse l’ultimo pensiero, una parola, un atto per una cosa necessaria della vita naturale. Questo non è altro che dare la scoria alla natura; questo lo fanno i santi, lo feci anch'io con me, cogli apostoli, dando qualche disposizione, dove si doveva pernottare, che mangiare. Quindi dare questo alla natura non nuoce né all'amore né alla santità vera, ed è segno che [l’anima] ama me solo.
Se poi l’anima è intramezzata da varie cose, ora pensa a me ora ad altro, ora parla di me e poi a lungo parla di altro, e così del resto, è segno che non ama me solo ed io non ne sono contento; se poi l’ultimo pensiero, l'ultima parola, un ultimo atto è solo per me, è segno che non mi ama e se mi dà qualche cosa non è altro che la feccia che mi dà; eppure questo fa la maggioranza delle creature. Ah, figlia mia, quelli che mi amano sono con me uniti come i rami sono uniti al tronco dell’albero. Ci può essere mai separazione, dimenticanza, nutrimento diverso tra i rami ed il tronco? Una è la vita, uno lo scopo, unanimi i frutti, anzi il tronco è la vita dei rami, i rami la gloria del tronco, uno e l’altro sono la stessa cosa. Così sono con me le anime che mi amano”.
(Libro di Cielo 11° Volume - 28 febbraio 1912)