Il mio sempre amabile Gesù appena si è fatto sentire mi ha detto:
“Figlia mia, quanto mi dispiace vedere l’anima rannicchiata in se stessa, nel vederla operare da sola, mentre standole vicino io la guardo, e vedendola molte volte che non sa far bene ciò che fa, io sto aspettando che mi chiamasse e mi dicesse: ‘Io voglio fare questa cosa e non so farla, vieni tu a farla insieme con me, e tutto saprò far bene’. Per esempio: ‘Voglio amare, vieni insieme con me ad amare; voglio pregare, vieni tu a pregare insieme; voglio fare questo sacrifizio, vieni tu a darmi la tua forza, che io mi sento debole’, e così di tutto il resto; ed io volentieri, con sommo mio piacere mi presterei a tutto. Io sono come un maestro che avendo dato il tema ad un suo alunno, gli sta vicino per vedere che fa il suo scolaro, e l’alunno non sapendolo far bene si corruccia, si affanna, si turba, se occorre piange, ma non dice: ‘Maestro, insegnami come debbo fare qui’. Qual è la mortificazione del maestro vedendosi trattato dallo scolaro come un nonnulla? Tal è la mia condizione”.
Poi ha soggiunto: “Si dice: ‘L’uomo propone e Dio dispone’. Non appena l’anima si propone di fare un bene, di essere santa, io subito dispongo intorno a lei le cose che ci vogliono: luce, grazie, conoscenza di me, spogliamenti; e se non giungo con ciò, a vie di mortificazione niente le faccio mancare, per darle la cosa che l’anima si è proposta. Ma oh, quante a via di forza se ne escono da mezzo di questo lavorio che il mio amore ha tessuto loro d’intorno! Poche sono quelle che resistono e fanno compire il mio lavoro”.
(Libro di Cielo 11° Volume - 20 agosto 1912)