“Figlia mia, quando io stavo sulla terra, la mia Volontà Divina che per natura regnava in me, e quella stessa Volontà Divina, che esisteva e regnava in tutte le cose create, ad ogni incontro si baciavano insieme e sospirando il loro incontro facevano festa, e le cose create facevano a gara per incontrarsi con me e darmi gli omaggi che mi convenivano.
Chi possiede la mia Divina Volontà tiene la vista di conoscere ciò che appartiene alla mia stessa Volontà. Solo l’uomo non mi conobbe, perché non possedeva la vista e l’odorato fino di essa; dovetti dirglielo per farmi conoscere, e molti con tutto il mio dire neppure mi credettero, perché chi non possiede il mio Volere Divino è cieco e sordo e senza odorato per conoscere ciò che ad esso appartiene.
Il non possederlo è l’infelicità più grande della creatura, è il povero cretino, cieco, sordo e muto, che non possedendo la luce del mio Fiat Divino, se ne serve delle stesse cose create per prendere gli escrementi che esse gettano, e lascia dentro di esse il vero bene che contengono. Che dolore vedere le creature senza la nobiltà della vita della mia Volontà Divina!”
(Libro di Cielo 23° Volume - 6 ottobre 1927)