“Se tu potessi formare una statua a seconda di come più ti piace, poi riversarti tutta te stessa in essa, dandole tutti gli umori vitali, e con l’impero del tuo amore darle la vita, quanto non l’ameresti? e quanto non vorresti che ti amasse? Qual sarebbe la tua gelosia d’amore, che tutto stesse a tua disposizione e che neppure un palpito tollereresti che non fosse tutto per te? Ah! Tu, nella tua statua, guarderesti te stessa e quindi, per ogni piccola cosa non fatta per te, sentiresti uno strappo fatto a te stessa.
Tale son’io. Tutto ciò che la creatura non fa per me, sono tanti strappi che sento, molto più che la terra che la sostiene è mia, il sole che la illumina e riscalda è mio, l’acqua che beve, il cibo che prende è mio. Tutto è mio, vive a spese mie e, mentre tutto le do, essa, la bella statua mia, non è per me. Qual dev'essere dunque il mio dolore, l’affronto e l’offesa che mi dà questa statua, pensalo tu stessa, figlia mia.
Ora tu devi sapere che solo la mia Volontà può ridarmi la mia statua, bella come io la feci, perché essa è la conservatrice di tutte le opere nostre, è il portatore di tutti i nostri riflessi, in modo che l’anima vive dei nostri riflessi, i quali, se ella ama, le somministrano la perfezione dell’amore; se opera, opera la perfezione delle opere. Insomma, tutto ciò che fa, tutto è perfetto in lei, e questa perfezione le dà tante tinte di tante bellezze, da innamorare l’Artefice che la formò.
Ecco, perciò amo tanto che il Fiat Supremo sia conosciuto e formi il suo Regno in mezzo alle umane generazioni, per stabilire l’ordine tra Creatore e creatura, per ritornare a mettere in comune i nostri beni con essa. E solo la nostra Volontà tiene questo potere; senza di essa non ci può essere molto di bene, né la nostra statua può ritornarci bella come uscì dalle nostre mani creatrici”.
(Libro di Cielo 20° Volume - 29 ottobre 1926)